Storia e Preistoria del Salento
Varie Borbone
La storia di quasi mille anni
Dal 1130 fino al 1861 il Meridione della penisola italica è stato governato da diverse dinastie (Normanni, Svevi, Aragonesi, Angioini, Borbone...). Tutte queste dinastie preservarono l'unità
del Regno con Napoli e/o Palermo capitali.
Sona Carmagnola-il canto dei Sanfedisti: testo, storia, spiegazione
di Chiara Foti
Quando si parla del canto dei sanfedisti, ritornano alla mente le vicende della Repubblica Partenopea e del breve periodo in cui Napoli fu nelle mani dei francesi rivoluzionari. Ma dove e perchè nacque questo canto? Come divenne “dei Sanfedisti”? E infine, a quali eventi di quel particolare periodo storico fa riferimento?
Partiamo dalla storia:
Carmagnola era un luogo in provincia di Torino, noto per la produzione di canapa; dopo l’arrivo dei Savoia, molti canapai emigrarono nella vicina Francia portando con sé le loro tradizioni, i loro abiti e i loro canti. I francesi per parte loro chiamarono “la Carmagnole” la giubba, i canti e i balli dei canapai emigrati. Poi accadde che in piena rivoluzione francese, nel 1792, i sans-coulottes francesi adottassero la giubba, il berretto frigio e una ballata con il testo adattato agli avvenimenti del momento cui dettero nome di “la Carmagnole” che diffusero nell’intera Francia. La Carmagnole divenne così la canzone delle rivoluzioni e ve ne furono diverse versioni.
Noi parleremo in questo testo della sua versione napoletana, che giunse nell’allora capitale del Regno nel 1799 assieme ai francesi accorsi a sostenere la neonata Repubblica Partenopea proclamata dai giacobini napoletani. Tale canto fu l’unica cosa francese accettata dal popolo, solo perchè durante i mesi dell’occupazione ne modificò il testo esprimendo attraverso di esso tutta la sua fedeltà al Re Borbone.
Il testo recita come segue:
Peppe Barra - Canto dei Sanfedisti
IL REGNO BORBONICO ANNOVERA MOLTI PRIMATI
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La cassa del Banco di Napoli al momento dell'invasione piemontese era di gran lunga più ricca.
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Aveva la prima rete ferroviaria al mondo.
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Era la prima città servita dall'acqua corrente.
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Disponeva della flotta mercantile più grande al Mondo.
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Aveva la prima strada illuminata elettricamente.
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Il Regno delle Due Sicilie era molto più florido e tecnologicamente avanzato di tutti i regni del nord e dello stato Pontificio messi insieme.
A lu suono de grancascia
viva viva lu popolo bascio;
a lu suono d”o tammurriello
sò risurte li puverielli;
a lu suono de campana
viva viva li pupulane;
a lu sono da viuline
morte alli giacubine!
Sona sona – Sona Carmagnola
sona li consiglia – viva ‘o Rre cu la famiglia!
A Sant’Eremo tanta forte
l’hanno fatto comm’a ricotta,
a stu curnuto sbrevugnato
l’hanno miso ‘a mitria ‘n capa.
Maistà chi t’ha traduto?
Chistu stommaco chi ha avuto?
‘E signure, ‘e cavaliere
te vulevano priggiuniere!
Sona sona -sona Carmagnola
sona lu cannone,
viva sempe ‘o Rre Burbone!
Alli tridece de giugno Sant’Antonio gluriuso
‘e signure, ‘sti birbante,
‘e ffacettero ‘o mazzo tanto!
So’venute li Francise
auti tasse ‘nce hanno mise.
“Libertè, ègalitè”:
tu arruobbe a mme,
ie arrobbe a tte!
Sona…… viva sempe ‘o Rre Burbone!
Li Francise so’ arrivate,
‘nce hanno bbuono carusate
“et voilà, et voilà”,
cavece ‘nculo a la libertà!
Addò è gghiuta ‘onna Eleonora
che abballava ‘n copp’o triato?
mo abballa mmiez”o mercato:
‘nzieme cu mastu Dunato!
Sona…………viva ‘o Rre cu la famiglia!
A lu ponte a Maddalena
‘onna Luisa è asciuta prena,
‘e tra miedece che vanno
nun la ponno fà sgravà!
Addò è gghiuta ‘onna Eleonora
ch’abballava ‘ncopp’o triato?
Mo abballa cu ‘e surdate,
nun ha pututo abballà cchiù!
Sona ………viva ‘o Rre cu la famiglia!
Pronte sò li bastimente,
jate ‘e corza pè avvià,
priparateve esultanti
pecchè avite fà partì;
pè lu mare ‘nc’è l’inferno
li cancielle songo ardente:
traditure andate in giù,
nun putite arrubbà cchiù!
Sona………viva sempe ‘o Rre Burbone
A lu muolo senza guerra
se tirajene l’albero ‘nterra,
afferrajeno ‘e giacubine
‘e ffacettero ‘na mappina!
E’ fernuta l’eguaglianza,
è fernuta la libertà.
Pè vuie so’ dulure ‘e panza:
signò jateve a cuccà!
Sona …… Viva ‘o Rre cu la famiglia!
Passaje lu mese chiuvuso,
lu ventuso e l’addiruso;
a lu mese ca se mete
hanno avuto l’aglio arrete!
Viva Tata Maccarone
ca rispetta la Religgione.
Giacubine jate a mare
mò v’abbrucia lu panaro!
Sona …….Viva ‘o Rre cu la famiglia!
Al suono della Grancassa
Evviva, evviva il Popolo Basso (Popolino),
Al suono del Tamburello
Sono insorti i poverelli,
Al suono della campana
viva, viva i Popolani;
al suono del violino
morte a tutti i giacobini! (Repubblicani ‘799)
Suona, suona – Suona Carmagnola
Suona l’adunata – viva il Re e la famiglia-
Sant’Elmo, che era un grande forte
l’hanno ridotto come una ricotta,
a questo cornuto e svergognato
gli hanno messo la mitria in testa(Vescovo).
Maestà, chi vi ha tradito?
Chi ha avuto questo coraggio?
I Signori (benestanti), i Cavalieri (Ufficiali)
Ti volevano imprigionare!
Suona, suona – Suona Carmagnola
Tuona il cannone,
viva sempre il Re Borbone!
Il tredici giugno, Sant’Antonio glorioso,
ai Signori, questi birbanti,
gli fecero un culo così!
Sono arrivati i Francesi
ci hanno messo ancora altre tasse.
“Libertà, Uguaglianza”:
Tu rubi a me,
io rubo a te!
Suona……viva sempre al Re Borbone!
I Francesi sono arrivati,
ci hanno ripulito completamente
“ecco qua, ecco qua”,
un calcio in culo alla Libertà!
Dove è andata donn’Eleonora
che ballava nel teatro?
ora balla per il mercato:
con mastro Donato!
Suona………… viva il Re e la famiglia!
Al ponte della Maddalena
Donna Luisa è rimasta incinta
Son venuti tre medici ma
non riescono a farla partorire!
Dove è andata donn’Eleonora
Che ballava nel teatro,
ora balla con i soldati,
e non ha più potuto ballare!
Suona……..viva il Re e la famiglia!
Le navi sono già pronte,
correte tutti per farle avviare,
preparatevi esultanti
perché dovete farle partire;
Nel mare c’è l’inferno ed
i suoi cancelli sono ardenti:
traditori, andate a fondo,
non potete più rubare!
Suona……. viva sempre il Re Borbone
Al molo, finita la guerra,
hanno abbattuto l’albero (della libertà)
hanno preso i Giacobini
e li hanno ridotti come stracci sporchi!
E’ finita l’uguaglianza,
è finita la libertà,
per voi son dolor di pancia:
signori, andatevene a letto!
Suona………… viva il Re e la famiglia!
Passò il mese Piovoso, (gennaio)
il ventoso, l’iroso; (febbraio e marzo)
e col mese in cui si miete (giugno)
l’hanno preso la fregatura! (aglio nel culo)
Viva Tata Maccarone
Che rispetta la religione.
Giacobini, gettatevi a mare,
che già vi brucia il didietro! (avere paura)
Suona………….viva il Re e la famiglia!
Come possiamo notare dal testo, il ritornello incita alla rivolta al suono della Carmagnola (sona, sona, sona Carmagnola) e poi rafforza l’invito dicendo “Suona l’adunata, viva il Re e la sua famiglia!”
Nella prima strofa si richiama il popolo alla guerra, ogni strumento è in funzione della rima per un popolano o per il nemico da abbattere: la grancassa per il popolino, il tamburello per i nullatenenti, la campana per il popolo (artigiani ecc…) e il violino per spiegare i motivi della lotta, cioè cacciare i giacobini.
Nella seconda strofa viene narrato l’inizio della repubblica con la resistenza dei popolani detti “i Lazzari”, asserragliati a Castel Sant’Elmo, conquistato dai francesi di Championnet che invece sostenevano la Repubblica; si narra poi della presenza tra questi francesi, del prete Antonio Toscano, per passare poi la tradimento dei nobili e dei borghesi che volevano addirittura imprigionare il Re, cosa non certo voluta dal popolo, il quale aveva subìto le conseguenze del tradimento (come le tasse) e le prepotenze dei francesi.
La terza strofa descrive la fine della Repubblica, avvenuta il 13 giugno, il giorno di Sant’Antonio, quando le truppe del Cardinale Ruffo di Calabria entrarono a Napoli conquistando il Forte Vigliena a levante del Porto. Ecco che allora i popolani ripagarono i giacobini per le angherie subite, ovvero le alte tasse imposte dai francesi e l’uso del motto “libertè, egalitè, fraternitè” per commettere ruberie e soprusi (ancora oggi è rimasto un ricordo di quei tempi nel detto “libertè, egalitè, fraternitè, spuogliete tu e vesteme a mme!“)
Con la quarta strofa si narra le prodezze dei francesi che le avevano date di santa ragione al popolo e dicendo voilà, avevano preso a calci ogni forma di libertà. Ora non si poteva più andare a teatro (una mania tutta napoletana) e quindi Donna Eleonora fu costretta a esibirsi al mercato. Questo personaggio femminile, viene ricondotto alla figura di Eleonora Pimentel Fonseca, arrestata e giustiziata per impiccagione; infatti qui il senso del verbo “ballare” si può intendere come il corpo che penzola dalla forca, anche perchè Masto Donato era il boia incaricato delle esecuzioni in quegli anni.
Si parla poi nella quinta strofa di Donna Luisa, forse Luisa Fortunato De Molina, la quale dopo l’arresto venne imprigionata e per sfuggire all’esecuzione affermò di essere incinta… tuttavia nessun medico riusciva a farla partorire.
Nella sesta strofa, ormai la guerra ai giacobini si è conclusa con la sconfitta di questi ultimi, quindi si getta a terra l’albero di maggio, albero della libertà e simbolo della rivoluzione. I popolani arrabbiati afferrano i giacobini e li appallottolano come stracci, si vendicano cioè delle vessazioni subite. Tornano poi le parole “uguaglianza” e “libertà”, i napoletani sono contenti che siano finite, per chi ha perso sono dolori, quindi i perdenti (i signori, cioè i nobili) possono andare a dormire, cioè battere in ritirata.
La strofa finale è molto ironica: riprende i mesi con i nomi del calendario rivoluzionario francese; “passò il mese piovoso, il ventoso e l’iroso” cioè gennaio, febbraio e marzo, “a lu mese ca se vene hanno avuto l’aglio arrete” nel mese entrante, cioè giugno, i giacobini hanno subìto il danno e la beffa, hanno cioè avuto quel che si meritavano: l’aglio nel didietro. “Viva il popolo dei maccheroni” cioè il popolo napoletano che rispetta la religione, negata ai giacobini, i quali sono costretti a gettarsi in mare per spegnere i bruciori dell’aglio (e della sconfitta); in sostanza, li si manda a quel paese.
Tale canzone è storia scritta di pugno dal popolo, ben diversa dalla storia scritta da scrittori asserviti ai falsi miti risorgimentali che avrebbero definito la Repubblica Partenopea come “voluta dal popolo”.
Dalla lettura de “la Carmagnola”, si apprende la vera storia di quel periodo: un popolo che aveva in odio i giacobini e un tentativo riformatore e innovatore da parte dei repubblicani o giacobini napoletani, i quali si fecero prendere troppo la mano combinando il disastro quale la Repubblica Partenopea fu. Non si capì infatti che Napoli non era Parigi e che nella capitale del Regno delle Due Sicilie il popolo non sentiva il bisogno di cambiar regime, perchè aveva già trovato in quella monarchia le sue certezze.
cfr :
Soldato napoletano
Raffaele Fitou d'Aragon (1802-1868) fu maresciallo di campo del regno borbonico, noto come il Tenente Generale Aragona, o Generale Cutrofiano fu conte e duca di Cutrofiano, Lecce; è stato un valoroso soldato sino all'ultimo fedele al re Franceso II di Borbone.
Appena nominato Tenente-Colonnello recatosi dal Re per ringraziarlo disse :" T'haggio puosto a cavallo 'ncoppa alli ruole". Era fratello di Paolo Caracciolo di Torchiarolo, acerrimo Sanfedista, comandante delle Guardie del Corpo a cavallo, e celebre per i suoi spropositi, come quando annunciava la prossima venuta della flotta svizzera in aiuto del Re.
cfr : http://identitapartenopea.blogspot.it/
cfr : https://archive.org/stream/alessandropoeri00poergoog#page/n401/mode/2up
Nel Regno delle Due Sicilie i Borbone di Napoli fondarono uno Stato Sovrano ed Indipendente. Nulla a che vedere con i Borbone di Spagna. Le tasse che si pagavano nel Regno restavano nel Regno, l'esercito napoletano era costituito da pugliesi, calabresi, abruzzesi, molisani, lucani, napoletani. Concretamente gli unici stranieri sono stati i savoia dal piemonte.
SIAMO UNITI DAL 1130
Il 25 dicembre del 1130, Ruggero II fu incoronato Re di Sicilia, del Ducato di Puglia e del Principato di Capua. In età normanno-sveva, lo Stato siciliano, che si estendeva dalla Sicilia agli Abruzzi, era dotato di un Parlamento e di un'articolata struttura amministrativa, tanto da consentire ad alcuni storici di definire il Regno di Sicilia come il primo esempio di Stato moderno d'Europa.
Da allora fino al 1861 il Meridione della penisola italica è stato governato da diverse dinastie (Normanni, Svevi, Aragonesi, Angioini, Borbone...). Tutte queste dinastie preservarono l'unità del Regno con Napoli e/o Palermo capitali.
Nel 1861 arrivarono gli stranieri italo-francesi sabaudi e divenimmo provincia di Torino. Depredati delle nostre millenarie ricchezze, resi colonia interna e privati delle migliori risorse umane e materiali per favorire lo sviluppo del nord. Il colonialismo tosco-padano dura da oltre 150 anni.
A tribute to italians borbonics confederate soldiers -
soldati borbonici confederati che lottarono per la libertà di un altro sud - dixie confederete states of America.
The Italiano soldiers fighting for the South in 1861-65
«....appena dopo il passaggio di Garibaldi, i comitati liberali composti dai ricchi borghesi e dai massoni, ferventi “unitaristi”, s’impossessarono delle amministrazioni comunali e delle relative casse, misero mano ai documenti relativi alle assegnazioni degli usi civici, ne delinearono la consistenza e li misero all’asta; fu così che il patrimonio rurale passò velocemente nelle loro tasche; ai contadini rimasero due possibilità, come disse Giustino Fortunato, “o brigante o emigrante”».
(Carlo Dotto de Dauli)
Mochetto da Artiglieria 28 pollici del Regno delle Due Sicilie
La mia passione per l’avancarica ha origini antiche. Tutto nasce da una Festa che si svolge il giorno di Natale nel paese natio e nell’ambito della quale vengono usati fucili monocolpo ad avancarica per spari a salve, modelli in dotazione all’esercito del Regno delle Due Sicilie. Oggi non è rimasto più niente di quelle armi, distrutte per la maggiore da questa pratica folkloristica. Il primo fucile militare che ebbi tra le mani era un ammasso di ruggine, un fucile corto, robusto in origine, di cui all’epoca non conoscevo il modello. Oggi, con il senno di poi, posso affermare che era un Moschetto da Artigliere del Regno delle Due Sicilie, a luminello, un modello 1860 con piastra molla indietro, alzo graduato e fornimenti in ottone. Una bella arma per l’epoca, anche se il pezzo che ebbi tra le mani, come molti altri a quell’epoca, era stato sicuramente nascosto in un luogo umido dopo gli eventi del 1860 motivo per cui e si era rovinato irrimediabilmente.
cfr : armilippiello.com
BelSalento è una produzione GIOVECOM - giovani e comunicazione ai siti
Qui Giovecom
Qui Giovecom Raku Art
a cura del dott. Giovanni Greco
Segue una tesi di laurea (estratto) sui processi industriali della città di Lecce dal 1800 al 1900: l'illuminazione cittadina a carbone, a petrolio, a gas di petrolio (1873) ed elettrica; la tramvia elettrica di Lecce (1898-1933).
Primati di un Regno che fu
by admin · 7 febbraio 2015
Quello che la scuola e l’informazione “ufficiale” non ci dicono
Il “Rinascimento” meridionale può fondarsi solo sulla consapevolezza
di quello che è il nostro passato.
Il Regno delle Due Sicilie costituiva la piú grande e importante entità statale autonoma che la penisola italiana abbia mai avuto prima dell’Unità. Di seguito elencherò alcuni dei primati che le Due Sicilie conseguirono mentre, nello stesso periodo di tempo, il resto della penisola era una zona semisviluppata in cui gli abitanti emigravano verso le Americhe o (e oggi può apparire paradossale) verso le nostre regioni.
1735: Prima Cattedra di Astronomia, in Italia, affidata a Napoli a Pietro De Martino
1751: Il piú grande palazzo d’Europa a pianta orizzontale, il Real Albergo dei Poveri a Napoli
1754: Prima Cattedra di Economia, nel mondo, affidata a Napoli ad Antonio Genovesi
1762: Accademia di Architettura, una delle prime e piú prestigiose in Europa
1763: Primo Cimitero italiano per poveri (il “Cimitero delle 366 fosse”, nei pressi di Poggioreale a Napoli, su disegno di Ferdinando Fuga)
1781: Primo Codice Marittimo nel mondo (opera di Michele Jorio)
1782: Primo intervento in Italia di Profilassi Anti-tubercolare
1783: Primo Cimitero in Europa ad uso di tutte le classi sociali (Palermo)
1789: Prima assegnazione di “Case Popolari” in Italia (San Leucio presso Caserta).
Prima istituzione di assistenza sanitaria gratuita (San Leucio)
1792: Primo Atlante Marittimo nel mondo (Giovanni Antonio Rizzi Zannoni, Atlante Marittimo delle Due Sicilie. (vol. I) elaborato dalla prestigiosa Scuola di Cartografia napoletana)
1801: Primo Museo Mineralogico del mondo
1807: Primo “Orto botanico” in Italia a Napoli di concezione moderna
1812: Prima Scuola di Ballo in Italia, annessa al San Carlo
1813: Primo Ospedale Psichiatrico italiano (Reale Morotrofio di Aversa)
1818: Prima nave a vapore del Mediterraneo “Ferdinando I”
1819: Primo Osservatorio Astronomico in Europa, a Capodimonte
1832: Primo Ponte sospeso (il Ponte “Real Ferdinando” sul Garigliano), in ferro, in Europa continentale
1833: Prima Nave da crociera in Europa “Francesco I”
1835: Primo istituto italiano per sordomuti
1836: Prima Compagnia di Navigazione a vapore nel Mediterraneo
1837: Prima Città d’Italia ad avere l’illuminazione a gas (primo esperimento nei portici di San Francesco di Paola)
1839: Prima Ferrovia italiana, tratto Napoli-Portici, poi prolungata sino a Salerno e a Caserta e Capua.
1839: Prima galleria ferroviaria del mondo. Prima Illuminazione a Gas di una città italiana (terza in Europa dopo Londra e Parigi) con 350 lampade
1840: Prima Fabbrica Metalmeccanica d’Italia per numero di operai (1050) a Pietrarsa presso Napoli
1841: Primo Centro Vulcanologico nel mondo presso il Vesuvio. Primo sistema a fari lenticolari a luce costante in Italia
1843: Prima Nave da guerra a vapore d’Italia (pirofregata “Ercole”), varata a Castellammare. Primo Periodico Psichiatrico italiano pubblicato presso il Reale Morotrofio di Aversa da Biagio Miraglia
1845: Prima Locomotiva a Vapore costruita in Italia a Pietrarsa. Primo Osservatorio Meteorologico italiano (alle falde del Vesuvio)
1848: Primo esperimento di illuminazione a luce elettrica d’Italia a Lecce, per opera di mons. Giuseppe Candido. Illuminazione dell’intera piazza in occasione della festa patronale.
1852: Primo Telegrafo Elettrico in Italia (inaugurato il 31 luglio). Primo Bacino di Carenaggio in muratura in Italia (nel porto di Napoli).
1853: Primo Piroscafo nel Mediterraneo per l’America (Il “Sicilia” della Società Sicula Transatlantica di Salvatore De Pace: 26 i giorni impiegati). Prima applicazione dei principi Scuola Positiva Penale per il recupero dei malviventi
1856: Primo Premio Internazionale per la Produzione di Pasta. Esposizione Internazionale di Parigi, premio per il terzo Paese del mondo come sviluppo industriale. Primo Premio Internazionale per la Lavorazione di Coralli (Mostra Industriale di Parigi) Primo Sismografo Elettromagnetico nel mondo costruito da Luigi Calmieri
1859: Primo Stato Italiano in Europa produzione di Guanti (700.000 dozzine di paia ogni anno)
1860: Prima Flotta Mercantile d’Italia (seconda flotta mercantile d’Europa) e prima Flotta Militare (terza flotta militare d’Europa).
Prima nave ad elica (Monarca) in Italia varata a Castellammare.
Piú grande Industria Navale d’Italia per operai (Castellammare di Stabia 2000 operai).
Primo tra gli Stati italiani per numero di Orfanotrofi, Ospizi, Collegi, Conservatori e strutture di Assistenza e Formazione. Istituzione di Collegi Militari (La Scuola Militare Nunziatella è il piú antico Istituto di Formazione Militare d’Italia, ed uno dei più antichi del mondo.
Prime agenzie turistiche italiane.
La piú bassa percentuale di mortalità infantile d’Italia.
La piú alta percentuale di medici per abitanti in Italia.
Prima città d’Italia per numero di Teatri (Napoli), il Teatro San Carlo è il piú antico teatro operante in Europa, costruito nel 1737.
Prima città d’Italia per numero di Conservatori Musicali (Napoli).
Primo “Piano Regolatore” in Italia, per la Città di Napoli.
Prima città d’Italia per numero di Tipografie (113, in Napoli).
Prima città d’Italia per numero di pubblicazioni di Giornali e Riviste.
Primi Assegni Bancari della storia economica (polizzini sulle Fedi di Credito).
La piú alta quotazione di rendita dei titoli di Stato (120% alla Borsa di Parigi).
Il Minore carico Tributario Erariale in Europa.
Maggior quantità di Lire-oro nei Banchi Nazionali (dei 668 milioni di Lire-oro, patrimonio di tutti gli Stati italiani messi insieme, 443 milioni erano del regno delle Due Sicilie).
Monopolio mondiale dello zolfo, avendo oltre 400 miniere di zolfo, copriva circa il 90% della produzione mondiale di zolfo e affini.
Questi impressionanti dati non si riferiscono agli Stati Uniti d’America, ma alle nostre Regioni Meridionali. Tale ricerca storica è inoltre rafforzata da alcuni studi statistici che hanno evidenziato come l’emigrazione dal Meridione fosse assente, e al contrario il Sud ricevesse immigrati sia dalle regioni italiane del centro-nord che da zone depresse del nord Europa (alcuni esempi: nel salernitano è diffuso il cognome Helzen, derivante dalla Germania orientale; oppure in molte zone della Calabria è diffuso il cognome Alberto, tipico piemontese; ed infine la diffusione dei dialetti gallo-italici in Basilicata, derivanti da immigrazioni dal Monferrato). Questi primati non erano solo in campo tecnologico ed economico, ma anche in campo “sociale”, per esempio l’illuminazione pubblica (1837 Napoli e 1848 Lecce), le case popolari (1837 San Leucio – CE), l’ospedale psichiatrico (1813 Aversa – CE) e l’istituto per sordomuti (1835 Napoli). Tutti dati che devono farci riflettere su due aspetti: innanzitutto sul fatto che non è assolutamente vero che dopo la “Magna Grecia” si sia verificato al Sud un declino irreparabile; e seconda cosa: se prima il Sud era economicamente forte, può ridiventarlo, e, ancora una volta, ritornare a trainare l’economia del nostro Paese. L’unica cosa inspiegabile è data dalla censura che la storiografia ufficiale attua su questi dati e su questi primati: aver paura della verità è spesso indice di “coscienza sporca”!
Valerio Rizzo
cfr : http://briganti.info/primati-di-un-regno-che-fu-2/
Archeologia Industriale leccese dall'800 al '900
a cura del dott. Giovanni Greco
Segue una tesi di laurea (estratto) sui processi industriali della città di Lecce dal 1800 al 1900: l'illuminazione cittadina a carbone, a petrolio, a gas di petrolio (1873) ed elettrica; la tramvia elettrica di Lecce (1898-1933).
di Giovanni Greco
La flotta di BelSalento è ampia;
al momento ci sono sei temi con sei siti internet collegati l'uno con l'altro :
1) BelSalento Parco Letterario, Archeologia Industriale, Preistoria, Storia e Ambiente http://belsalento.wix.com/belsalento
2) La Cucina di BelSalento
http://belsalento.wix.com/lacucinadibelsalento
3) Arte Musica Poesie di BelSalento
http://belsalento.wix.com/arte-musica-poesia
4) BelSalento GreenLife
http://belsalento.wix.com/greenlife
5) BelSalento Cinema Teatro Webtv
http://belsalento.wix.com/cinema-teatro-webtv
6) BelSalento Foto
http://belsalento.wix.com/foto
e poi in facebook al sito
https://www.facebook.com/groups/belsalentoweb/
e su "Bel Salento - Solo per divertimento"
https://www.facebook.com/pages/Bel-Salento/304328566415441
IL GIOCATTOLO DEI BORBONE CHE ARRICCHI' I PIEMONTESI!
da "UN Popolo Distrutto"
https://www.facebook.com/permalink.php?story_fbid=661657397272972&id=188424204596296
Emmanuele Melisurgo era un stato un ingegnere barese, imprenditore, costruttore di ferrovie che si trasferì con la famiglia ancora bambino a Napoli, dove studiò con profitto alla Regia Accademia di belle arti. Dal 1831 in poi fu per molti anni in Inghilterra e in Francia e durante tali soggiorni conobbe J. Pook, banchiere e D. Nuñes Carvalho, direttore della ferrovia Galway-Ennis. Costituì una società con Pook e Carvalho, il 15 agosto 1845, presentando al governo napoletano il progetto per la costruzione di una ferrovia, tra le sponde tirrenica e adriatica del regno, che partendo da Napoli, avrebbe toccato Avellino, Ariano Irpino, Lucera, Foggia, Canosa, Barletta e Bari giungendo a Brindisi. Da Brindisi si sarebbero staccate delle diramazioni. Erano poi previsti anche collegamenti con Abruzzo, Calabria e Sicilia. Il progetto sarebbe stato finanziato dai privati senza alcun onere finanziario per lo Stato. Il re Ferdinando II di Borbone aggiunse altre richieste quali, tariffe più basse di quelle proposte, trasporto gratuito dei militari acconsentendo inoltre alla sola concessione per la linea per le Puglie e riservandosi il diritto di poter rilasciare altre concessioni ad altri soggetti su percorsi paralleli. Il decreto di concessione della Napoli-Barletta fu emanato il 2 marzo 1846 e prevedeva la possibilità di prolungamento a Otranto (da: Collezione delle leggi e de' decreti nelle province napoletane, anno 1860, n. 8 del 13 ottobre 1860). Ma poco tempo dopo scoppiarono i moti del 1848 che, uniti alla difficoltà di reperire finanziamenti in Inghilterra, provocarono il blocco dell'opera. Il Melisurgo sposò la causa di coloro che richiedevano la costituzione fondando, il 18 marzo, il giornale satirico L'Arlecchino. Il 15 maggio, durante la repressione, la sede venne assaltata da soldati svizzeri che lo ferirono con una sciabolata al capo. Arrestato rischiò la fucilazione come sovversivo, ma riuscì a salvarsi. In seguito ad altre iniziative editoriali subì la condanna a sei anni di carcere, ma fuggì in Inghilterra. Fece ritorno nel 1853 perché era venuto a conoscenza che Ferdinando II aveva deciso la costruzione della linea ferroviaria da lui proposta nel 1845 ma a spese dello Stato con possibilità di compartecipazione dei privati: l'inizio dei lavori era fissato per il 1º marzo 1853. Stante tuttavia l'onerosità del progetto, a giudizio del governo, il Melisurgo si propose come costruttore di una tratta, la Foggia-Bari, con finanziamento a carico di una società privata. L'offerta fu respinta ma un successivo decreto reale del 16 aprile 1855, gli si concesse la costruzione e l'esercizio della intera ferrovia da Napoli a Brindisi (Collezione delle leggi e de’ decreti reali del Regno delle Due Sicilie, 1855, 1º semestre, Napoli 1855, legge n. 2067, 16 apr. 1855: Concessione al sig. E. Melisurgo della ferrovia Napoli-Brindisi; 2º semestre, ibid. 1855, legge n. 2589, 8 ott. 1855: Decreto col quale si permette al sig. E. Melisurgo, concessionario della ferrovia delle Puglie, di costruire una traversa che dal Comune di Mercato Sanseverino porti a Salerno). Melisurgo costituì quindi una società in accomandita prevedendo l'emissione di 220.000 azioni da 100 ducati ciascuna (Società in commandita Emmanuele Melisurgo e C. per la ferrovia delle Puglie da Napoli a Brindisi. Stato enunciativo de’ lavori a cottimo, Napoli 1855). Il consiglio di amministrazione della società stipulò poi un accordo con i Rothschild per la vendita delle azioni all'estero. L'inaugurazione dei lavori avvenne l'11 marzo 1856, ma vi furono molte interferenze governative che ne ritardarono l'inizio; inoltre nel 1859 furono date altre concessioni ad una società costituita da Gustave Delahante e altri soci per la costruzione di una ferrovia che congiungesse il Tronto, (sul versante adriatico) via Foggia con Taranto e Napoli; da Foggia sarebbe partita la diramazione per Bari, Lecc ed Otranto. L'idea del governo Borbonico era quella di collegare il vasto territorio del regno con la capitale Napoli. Le proteste di Melisurgo furono ignorate da Ferdinando II che dispose anzi che i lavori a lui affidati iniziassero da Bari verso Foggia, rimandando i collegamenti tra Napoli e Sanseverino. Il 15 novembre 1856 Melisurgo aveva versato allo Stato la seconda rata della cauzione, per non decadere dalla concessione, ma molti azionisti non pagarono le rate successive provocando lo stallo dei lavori fino al 1860 e l'inutilizzo di molti materiali giunti dall'Inghilterra stoccati nei magazzini a Napoli. Il 24 agosto 1860 il ministero costituzionale di Francesco II concesse alla società Gustave Delahante & Cie molte altre tratte ferroviarie in questione ma la caduta dei Borbone comportò anche la rottura della convenzione con la società del Delahante. Nel settembre 1860, Giuseppe Garibaldi, insediatosi quale prodittatore a Napoli dispose che tutto il programma di costruzioni fosse affidato a società del nord come la società Adami e Lemmi di Livorno; il 13 ottobre emanò il relativo decreto annullando di fatto la concessione alla Melisurgo e C. anche se molti lavori erano a buon punto e tutte le gallerie e i ponti erano già stati costruiti, lasciando aperta di facoltà di subconcessione alla società Delahante. Il Melisurgo proseguì invano nel tentativo di riprendere almeno in parte quanto era stato oggetto dei suoi diritti di concessione; ma fu anche costretto a difendersi dall'accusa di avere realizzato solo in minima parte quanto previsto. Insieme al figlio continuò le azioni giudiziarie seguite alla mancata realizzazione dell'intera linea ferroviaria delle Puglie, ma non riuscì nel suo intento si preferì chiaramente dare tutto in mani amiche: “Il Governo è autorizzato a concedere al signor conte Pietro Bastogi, sotto l’osservanza dei patti da lui proposti e relativo capitolato d’oneri, e colle modificazioni di cui nel testo unito alla presente Legge, la costruzione e l’esercizio delle seguenti linee di strade ferrate:
1. Una linea lungo il litorale adriatico da Ancona ad Otranto per Termoli, Foggia, Barletta, Bari, Brindisi e Lecce, con una diramazione da Bari a Taranto;
2. Una linea da Foggia a Napoli per Ascoli, Eboli e Salerno;
3. Una linea da Ceprano a Pescara per Sora, Celasco, Sulmona e Popoli;
4. Una linea da Voghera a Pavia, e finalmente una linea da Pavia a Brescia per Cremona, salvi, per quest’ultima, i dritti della Compagnia delle ferrovie lombarde e centrale italiana, contenuti nella Legge 8 luglio 1860.
Ordiniamo ecc. - Data a Torino addì 21 agosto 1862.
Emmanuele Melisurgo morì a Torre del Greco nel 1867.
La Società Italiana per le Strade Ferrate Meridionali (privata), viene fondata nel 1862 dal conte Pietro Bastogi, che gestì un gran numero di linee ferroviarie nel nord e nel versante adriatico e meridionale della penisola italiana. il conte Pietro Bastogi, banchiere livornese, con l'appoggio determinante della «Cassa di Commercio e Industria» di Torino, guidata da Domenico Balduino, e il concorso di numerosi banchieri di Firenze, Genova, Torino, tra cui il barone Ignazio Weil Weiss, delle case bancarie Giulio Belinzaghi e Zaccaria Pisa di Milano, di altre banche, raccolse un capitale di 100 milioni di lire per la costituzione di una società ferroviaria. La nuova concessionaria si costituì a Torino il 18 settembre 1862, ebbe come presidente il conte Pietro Bastogi, e vice presidenti il barone Bettino Ricasoli ed il conte Giovanni Baracco. Successivamente la sede direzionale venne stabilita a Firenze. Il patrimonio sociale era costituito prevalentemente da capitali italiani. Domenico Balduino (Cassa di Commercio e Industria poi Credito Mobiliare), le case bancarie I. Weil Weiss, a Torino, Zaccaria Pisa e Giulio Belinzaghi sulla piazza di Milano, curarono la diffusione verso il pubblico dei titoli azionari e obbligazionari, che vennero anche quotati in Borsa e loro esponenti furono presenti a lungo accanto a Pietro Bastogi nel consiglio di amministrazione della società. Nel consiglio di amministrazione, su ventidue componenti, vi erano ben quattordici deputati. Il numero eccessivo generò sospetti, che si tramutarono in certezze quando si venne a sapere che la società aveva pagato una forte somma al presidente della commissione parlamentare incaricata di vagliare le proposte dei concorrenti. Scoppiò uno scandalo. Fu aperta un'inchiesta, che si concluse con una dichiarazione di censura nei confronti di Bastogi e degli altri deputati. Le conclusioni della commissione parlamentare d'inchiesta furono ovviamente favorevoli al proseguimento dell'esercizio privato, il 23 aprile 1884 furono stipulate, per la durata di 60 anni le convenzioni tra lo Stato e tre grandi società private e approvate il 6 marzo 1885. Le convenzioni ripartivano le linee in senso longitudinale e assegnavano alla Società Italiana per le Strade Ferrate Meridionali presieduta dal conte Bastogi l'esercizio della maggior parte della rete ferroviaria gravitante sull'Adriatico, in parte di sua proprietà e in parte in concessione, ed inoltre le linee della Lombardia ad est di Milano, del Veneto e dell'Emilia, (denominando il tutto "Rete Adriatica"), per un totale di 4379 km, con alcune tratte strategiche comuni con la Rete Mediterranea come la Piacenza-Parma e la Chiasso-Milano. Nel 1871 il capitale iniziale di 100 milioni di lire venne elevato alla cifra di 130 milioni. Nello stesso anno la società ottenne dal governo la convenzione anche per le ferrovie calabro-sicule e fu incaricata di procedere anche al completamento e all'esercizio della costruenda rete. Nel 1906 cessò l'attività costruttiva e si trasformò in una società finanziaria d'investimento, investendo prevalentemente in società elettriche, ma anche meccaniche, di costruzioni, immobiliari e nei mercati azionari e finanziari, spesso insieme alla Banca Commerciale Italiana e al Credito Italiano. Il passaggio allo stato venne ufficializzato con Legge del 15 luglio 1906, n. 324 (Legge per il riscatto delle varie reti e la liquidazione della gestione della rete adriatica, 15 luglio 1906, n. 324).
Uno dei primi scandali italiani, quello delle Ferrovie Meridionali, una sorta di paradigma di come sia stato edificato questo paese. Su una serie di ruberie legalizzate in cui sono sempre stati invischiati uomini che avevano in mano le leve del potere politico-militare ed economico. Uomini che l'hanno quasi sempre fatta franca. A partire da coloro i quali si arricchiscono con la costruzione delle ferrovie meridionali e non solo, lucrando cifre enormi, grazie a compiacenti padrini politici (al Re Galantuomo viene affibbiata la definizione di “re traversina” in quanto avrebbe ricevuto ingenti somme da tutti i costruttori di ferrovie della novella Italia) nello stesso parlamento: ne sono il prototipo Susani deputato e faccendiere e Bastogi deputato e banchiere. Entrambi escono indenni dalla inchiesta parlamentare, un'inchiesta che è lo specchio di un'Italia fasulla, costruita su intrighi e tradimenti. Nelle conclusioni della commissione si deplora il comportamento dei parlamentari, ma non si decide altro. Il 31 luglio 1862, al Bastogi bastò inviare al ministero dei Lavori pubblici una lettera, con una accorata sviolinata patriottica:
«Poiché era a mia notizia che due compagnie di capitalisti esteri si facevano concorrenza per ottenere la cessione della costruzione e dell'esercizio delle strade ferrate meridionali. Mi parve potesse giovare alla dignità e agli interessi del nuovo regno d'Italia che anche una compagnia d'Italiani si accingesse al concorso.
Non manca la protervia di chi, sentendosi di potersi permettere di tutto e di più, in un post scriptum promette una mancia per gli abitanti di quelle provincie che si stanno trasformando in una vera e propria colonia, una elemosina rappresentante il 10 per cento delle azioni della società fondata dal Bastogi: «P. S. Sebbene tutto il capitale della futura società sia sottoscritto, mi obbligo a cedere a favore dei Napoletani e dei Siciliani 20,000 (ventimila) azioni, purché siano sottoscritte entro dieci giorni.
In nome della italianità, anzi della tangente ad una trentina di deputati, il parlamento votò a favore della cordata tricolore.
Il parlamento praticamente è cosa loro, un luogo dove dei privati cittadini scorrazzano per promuovere i propri interessi personali. Un aspetto, questo che viene anche descritto nella relazione della commissione d'inchiesta parlamentare ma che non conduce a nulla. Resta mera recriminazione moralistica, senza tradursi in atti politici incisivi o provvedimenti giudiziarii. In questa storia tutta gestita da padani e loro accoliti d'oltralpe (francesi) troviamo di tutto e di più, operai che per mesi non vengono remunerati per il loro lavoro, liste di lavoranti gonfiate al punto da segnare mille unità lavorative quando ce n'erano appena un centinaio. Non mancano avvocati spergiuri e gole profonde che si tirano fuori e ritrattano. Ovviamente in parlamento per orientare la discussione si tirano in ballo “i partigiani del sistema borbonico” e non mancano le più variegate scuse per mancata esecuzione dei lavori, per cui vengono tirati in ballo il governo, il colera e il brigantaggio, ecc.. “In tutto quel periodo non c'è un attimo di vita sincera. Non c'erano che venduti, che corrotti, che violenti, che gaglioffi, che bricconi, che malviventi. I ministri trafficavano e si circondavano di sicari della penna; i deputati facevano degli affari, i giudici rendevano dei servigi, la pubblica sicurezza era infame e sovrana; i monopolii nazionali venivano abbandonati ai banchieri della speculazione ladra, le imposte erano così scorticatrici che il Governo non poteva esigerle che coi massacri e con gli stati d'assedio.”(Paolo Valera).
"Si sprecarono somme ingenti per costruire delle ferrovie, senza che avessero merci e viaggiatori da trasportare; per scavare porti senza navi da ospitare, per creare delle preture senza cause, degli impiegati senza lavoro, delle scuole senza scolari (J. Tivaroni).
A voi lettori le considerazioni chiare e semplici su un sistema chiamato "Italia", che nasce con l'unità e non è ancora terminato!
Capite perchè ancora oggi la nostra storia non deve essere conosciuta? E poi i Borbone erano la negazione di Dio!
Qui in attesa dell'apertura del Canale di Suez (obiettivo d'Albione) il nuovo regno dei savoia progettava i possibili vantaggi delle ferrovie
a cura di Giovanni Greco
Qui invece l'immagine dei concreti vantaggi delle ferrovie avvenuti nel nord con i savoia
COMUNI DEL SALENTO
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Alessano,
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Andrano,
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Aradeo,
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Arnesano,
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Botrugno,
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Campi Salentina,
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Carmiano,
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Casarano,
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Castri di Lecce,
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Castrignano de' Greci,
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Castrignano del Capo,
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Cavallino,
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Copertino,
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Corigliano.
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Corsano,
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Cutrofiano,
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Diso,
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Gagliano del Capo,
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Galatina,
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Galatone,
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Giuggianello,
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Guagnano,
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Lecce,
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Lizzanello,
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Maglie,
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Martano,
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Matino,
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Melpignano,
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Miggiano,
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Minervino di Lecce,
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Monteroni di Lecce,
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Montesano Salentino,
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Muro Leccese,
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Nardò,
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Neviano,
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Novoli,
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Otranto,
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Palmariggi,
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Parabita,
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Patù,
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Poggiardo,
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Racale,
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Salice Salentino,
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San Cassiano,
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San Donato di Lecce,
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San Pietro in Lama,
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Sanarica,
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Sannicola,
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Seclì,
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Soleto,
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Specchia,
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Spongano,
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Squinzano,
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Sternatia,
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Surbo,
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Taurisano,
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Taviano,
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Tiggiano,
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Trepuzzi,
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Tricase,
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Tuglie,
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Ugento,
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Uggiano La Chiesa,
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Zollino
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