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“lu Scazzamurreddhu“ o “Municeddhu” o "Carcaluru"

figura fantastica e ben radicata nella tradizione popolare, era descritto come un piccolo gnomo alto 30-40 cm, sempre scalzo con in testa un cappello rosso a punta, dagli occhi scuri e la testa pelosa. Era l’anima di un bambino morto prematuramente; “defecava” monete d’oro e faceva continuamente dispetti. Appariva esile come un gatto e la sua smania era di possedere un paio di scarpette, e se ne sdebitava con chi gliele donava "defecando" monete d'oro, o indicandogli un tesoro nascosto. Di indole dispettosa e irruenta tornava mansueto solo se lo privava del suo prezioso berretto. La notte si intrufolava nelle camere da letto e si divertiva a sedersi sul petto dei dormienti provocandogli terribili incubi e anche pesantezza allo stomaco (da questa pressione sullo stomaco deriva appunto "carcaluru"). Preferiva sedersi sul seno delle donne e durante il sonno ispirar loro sogni sensuali. Ma anche si divertiva ad introdursi nelle stalle e intrecciare il pelo degli animali, specialmente code e criniere di cavalli, spennare galline e oche, o nascondere oggetti. Chi riusciva ad impossessarsi del suo cappello poteva comandarlo ... la proposta di scambio dello gnomo era : ”Ce buei cuperchi o soldi” cioe cocci o soldi. Se si rispondeva ”Cuperchi” lui donava soldi. Nel caso contrario portava cocci (cuperchi) a chi gli chiedeva denaro. Come altri folletti anche lu Scazzamurreddu conosceva bene i luoghi di segreti tesori.Secondo Benedetto Croce il termine scazzamauriello deriva da "scacciamaurino" (i maurini erano i monaci benedettini dell’ordine di san mauro). Nella zona del Capo di Leuca sono conosciuti con il termne: “Monacu, Monachicchiu”.

In Nardo e Porto Cesareo sono conosciuti come “Carcaluri“, per la caratteristica di calcare sullo sterno del dormiente.

Naturalmente la sintomatologia ha una natura fisiologica, ma nell'antichità questo malessere veniva attribuito al maligno o al fantastico; da wikipedia alla voce : Incubo (sogno) "L'incubo è un tipo di sogno che si presenta in modo angosciante e a volte è accompagnato da una sensazione di oppressione al petto e/o da difficoltà respiratorie  (...) Fino al XVIII secolo, gli incubi erano considerati causati da stregonerie con le creature malefiche che si appoggiavano al petto del dormiente. Il termine infatti deriva da "incubare", atto che richiama l'immagine dello spirito maligno che cova sul petto del dormiente".

Illustri autori si sono occupati di questi gnomi furbetti : “Fanno il solletico sotto i piedi agli uomini addormentati, tirano via le lenzuola dei letti, buttano sabbia negli occhi, rovesciano bicchieri pieni di vino, si nascondono nelle correnti d'aria e fanno volare le carte e cadere i panni stesi in modo che si insudicino, tolgono le sedie di sotto alle donne sedute, nascondono gli oggetti nei luoghi più impensati, fanno cagliare il latte, danno pizzicotti, tirano i capelli, pungono e fischiano come zanzare, hanno un debole per i crini e le code dei cavalli che amano intrecciare inestricabilmente” (Carlo Levi)

Nei Comuni della Grecia Salentina è conosciuto con il nome di “Sciacudri” che deriva dalla parola Greca “Jakos“ Giacomo da cui il diminutivo “Jakullis" Giacomino. A Lecce viene chiamato Lauro, Uru o Laurieddhu.

Dalla radice "Laura" ossia le cavità naturali  che furono abitate dai monaci orientali Basiliani tra l’VIII e il XI sec. nel Salento (per sfuggire alla persecuzione iconoclasta di Leone Isaurico). Per il loro isolamento furono conosciuti dagli abitanti locali del tempo, come fossero degli spiriti dei boschi, come abitanti delle grotte (laure) e pertanto a loro fu attribuito il nome di Lauri (abitanti delie laure) e Laurieddhu (diminutivo e vezzegiativo).

 

L’Acchiatura, fa parte della leggenda salentina, ed è un luogo in cui è contenuto uno scrigno prezioso ricco di tesori spesso nascosto tra le mura di antiche dimore o palazzi. La leggenda dice che i custodi di quei nascondigli siano gli Scazzamurreddhi o Lauri o Laurieddhi, questi fantastici gnomi dispettosi.

 

Il "Lauro" o "Uru"

Con il suo cappello rosso a punta e dalla vocina  stridula lo si sentiva di notte : “Nu b’è successu nienzi, nu tè preoccupare, ieu suntu, statte tranquilla“ (non è successo niente, non ti preocupare, sono io, stai tranquilla).

"è un essere che preoccupa la mente degli sciocchi. Irritante ed irritabile, danneggia e benefica, secondo capriccio, è il Dio Lare di quei tuguri che sceglie a dimora. E già lo Uru suole impossessarsi d'un abitacolo scendendo dai tubi fumaioli d'un camino. Infatti le cento volte ho sentito dipingerlo basso, anzi piccin piccino, gobetto, con gambe un po' marcate in fuori, peloso di tutta la persona, ma d'un pelo morbido e raso. Copregli il capo un piccolo cappelletto a larghe tese e indossa una corta tunica affibbiata alla cintola. I piedi poi... non so nulla dei suoi piedi per non averli mai visti.
   In fin dei conti l'Uru altro non è se non uno di quei folletti tra il bizzarro e l'impertinente, tra lo stizzoso e lo scherzevole, cattivo con chi lo ostacola o sveli le sue furberie, condiscendente, anzi benefico, con chi gli usa tolleranza. Bazzica più volentieri nelle stalle, dove ospitatosi una volta difficilmente ne esce. Impadronitosi di una di esse tosto s'innamora della cavalla o dell'asina che meglio gli garba e l'assiste e la carezza di preferenza, nutrendo della biada sottratta alle compagne, o rubata ai presepi prossimi o lontani. È da notare che la bestia favorita gode l'alto onore di essere da lui stesso strigliata, lisciato il pelo ed intrecciati graziosamente i crini del collo e della testa.
   Di giorno non appare giammai, esercita di notte le sue trappolerie. Se poi s'impossessa di un'abitazione, s'appiatta nei luoghi più reconditi, per lo più nel sacernale (trave maestra del tetto). Di là nella notte spicca il salto e cade giù producendo un tonfo sordo come pantofola scagliata contro un muro.
   Talaltra volta, scapolato quatto quatto da buchi inosservati, o da catasta di vecchie quisquiglie eccolo a metter sossopra masserizie ed annessi, cambiandogli di luogo, a sparecchiar gomitoli e tele del telaio o a svegliar le persone, rompendo piatti, bottiglie, bicchieri.
   Guai se è in collera col suo ospite. Se questi dorme i suoi sogni dorati, questi improvviso gli cavalca il petto e glielo calca fino a fargli perdere il respiro (incubo). È un brutto momento, uno di quelli in cui si crede di morire. Ma se l'oppresso riesce a vincere l'affanno e stende la mano sull'oppressore, ghermirlo per ciuffetto e tenerlo fermamente, fortunato lui! La sua sorte è fatta! L'Uru è geloso fino alla morte della propria libertà e ghermito così piange e prega e tutto promette a riaverla. Non gli si chiegga danaro allora, perché vi colmerebbe di cocci; meglio chiedergli cocci che vi subisserà di danaro.
   Ad interpretare un tal nome dovremmo investigare nel latino, nel greco ed anche nell'ebraico. Più di rado lo chiamano moniceddhu (monacello) o scazzamurrieddhu
" (Castromediano).

Lu Scazzamarreddhu o Lauru era un dispettoso gnomo che si divertiva a intrecciare i capelli o la crina dei cavalli e a sedersi sullo sterno dei dormienti per dar loro incubi o sogni sensuali - e che regalava soldi o cocci a chi gli rubava il cappello.

“lu Scazzamurreddhu“ o
“lu Lauru“

il piccolo gnomo dispettoso

a cura di Giovanni Greco

Draghi

Basilisco

Scazzamurreddhu

Camaleonte

Caulone

Cattedrale di Otranto

Collina delle Ninfee e dei Fanciulli

COMUNI DEL SALENTO
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Muro Leccese,
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Nardò,
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