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La dominazione borbonica

Nel '700 la Puglia fu occupata dagli Austriaci fino al 1738 quando tornò ai Borbone sotto Carlo di Borbone e Ferdinando IV. Le loro  riforme fecero rifiorire l'intera area del Mezzogiorno. Con i Borbone il Regno delle Due Sicilie ha sempre goduto di prosperità e stabilità tanto che l'amministrazione dei Borbone aveva fatto delle regioni del sud e di Napoli le terre meglio governate della penisola. Il dominio borbonico del Regno delle Due Sicilie duro' fino al 1860 con il dominio piemontese, l'unificazione italiana e la spedizione dei Mille di Garibaldi.

Borbone e Francesco II

La dominazione borbonica iniziò nel 1734 con il re Carlo III che passò presto al trono di Spagna e successivamente con Ferdinando IV. Si ebbe un periodo di crescita economica attraverso la costruzione di nuove strade e lo sviluppo dei porti.

Per rimpinguare le casse dello stato spagnolo furono messi in vendita (al maggior offerente) i titoli nobiliari di barone e marchese, che non appetibili dai veri nobili, furono acquistati da facoltosi proprietari terrieri o ricchi borghesi. Così ogni piccolo comune del Salento ebbe il suo barone o marchese con relativo palazzo baronale.

Una ventata d'aria nuova fu portata da Gioacchino Murat cognato di Napoleone ed il rilancio dell'economia avvenne principalmente durante il periodo napoleonico (1806-1815) grazie ad importanti provvedimenti come l'abolizione del feudalesimo, la ristrutturazione dei latifondi e una più adeguata distribuzione delle terre pubbliche. L'abolizione della feudalità non significò la fine della nobiltà, che continuò a spadroneggiare per buona parte del secolo XIX, anche dopo la spedizione dei Mille e l'Unità d'Italia.

Con la Restaurazione e il ritorno dei Borboni, prese piede il fenomeno del brigantaggio. Nel Salento si diffusero le idee risorgimentali che si tradussero nella costituzione di diverse società segrete come la Carboneria; fermenti di libertà contro il regime borbonico che In Terra d'Otranto si manifestarono nel nascondiglio delle società segrete le quali si svilupparono in ogni Comune. 

Nel 1825 muore il re Ferdinando I e sale al trono il figlio Francesco I (1825-1830).

il Tanzi, scrive la situazione del Salento (in "L'Archivio di Stato di Lecce”) :
"...In sul declinare del secolo XVIII nella nostra provincia il mondo dei feudi, con tutto l'apparato dei suoi abusi, reggeva e perdurava pienissimo; e in complesso ne usciva uno stato sociale che aveva propri caratteri e presentava fenomeni speciali e distinti. Chi avesse percorsa e esaminata la regione, sarebbe rimasto a prima vista colpito da una cert'aria di decadenza e squallore: le tracce profonde dell'età di mezzo spiccavano evidentissime: le città demaniali s'erano ridotte a cinque soltanto (Brindisi, Gallipoli, Lecce, Otranto, Taranto): i feudi ascendevano a trecento e più, di cui moltissimi disabitati: dovunque s'incontravano manomorte, disuguaglianze civili con un assieme di pregiudizi tradizionali e inveterati, dovunque vincoli fiscali e barriere feudali poste alla proprietà, al commercio e all'industria. La politica assolutista ed unificatrice della nuova monarchia napoletana aveva anche cagionata la piena decadenza di tutto quel complesso di autonomie e istituzioni, di franchigie e privilegi, di cui le nostre Università erano state arricchite dalla Casa Aragonese, dopo la devoluzione dei grandi feudi di Lecce e di Taranto; e gli ordini del reggimento municipale, destinati in origine a proteggere le classi inferiori, ora subivano anch'essi il predominio e l'influenza del baronaggio e delle più cospicue e nobili famiglie cittadine....il popolo taceva e serviva...In tale stato di cose una nuova dottrina che rispondesse alla necessità dei tempi, e richiamasse il cittadino agli altri interessi della condizione etica e politica di lui, doveva fare rapidi progressi....Così avvenne appunto per la Carboneria, la quale, pervenuta nella nostra Provincia insieme con la dominazione francese, si diffuse con mirabile rapidità in tutti i luoghi. Le moltissime associazioni che essa creò in Terra d'Otranto, nella quale si affratellarono tutti i ceti della borghesia, dall'umile contadino al ricco possidente, servirono ad educare le masse alle idee innovatrici della grande rivoluzione; la loro scuola soprattutto ridestò la sopita coscienza politica. La nuova dottrina si adattò alle condizioni storiche locali: non assunse, come in qualche altra parte d'Italia, un carattere antireligioso; e basta a dimostrarlo la circostanza che i più alti gradi delle vendite furono dati ad arcidiaconi, a canonici, a parroci, sacerdoti, preti, monaci, e ad altre persone ecclesiastiche... Nelle vendite della Carboneria agli alti fini morali ben presto si sposarono fini politici: accanto ai concetti di fratellanza, umanità e libertà sorsero quelli di patria e di indipendenza; e si vagheggiarono le forme costituzionali, cui fecero capo le rivoluzioni del 1820 e 1848".

Sul Salento di quel periodo scrive S. La Sorsa in "Gli avvenimenti del 1848 in Terra d'Otranto", "... il cui ambiente è ortodosso in fatto di fede, le nuove dottrine si adattano alle condizioni locali, bandendo dal loro programma ogni parvenza anticattolica, e dando alle Vendite un carattere eminentemente umanitario..."; e naturalmente fra i Carbonari si faceva strada l'ideale di un'Italia libera ed unita.

Quando nel 1860 il re Francesco II delle Due Sicilie cadde sotto l'impeto garibaldino, il Salento fu annesso al regno d'Italia con un Plebiscito, che avvenne in tutto il Regno di Napoli, il 21 ottobre 1860 con lo slogan: "Il popolo vuole l'Italia una e indivisibile con Vittorio Emanuele Re costituzionale e suoi legittimi eredi"; le Corti di Cassazione di Napoli e di Palermo il 5 novembre 1860 proclamarono 1.310.266 SI e 10.102 NO per le province napoletane, 432.054 SI e 677 NO per le siciliane.
Nella Terra d'Otranto, su 111.951 iscritti in tutta la provincia di Lecce, votarono per il SI 94.570, per il NO 929, si astengono 16.452.
Con la legge del 20 mar
zo 1865 il Salento ottenne autonomia amministrativa con la creazione della provincia di Lecce, che ricalcava i confini dell'antica Terra d'Otranto.

Con l'apertura del canale di Suez nel 1869, Brindisi divenne il terminale europeo della Valigia delle Indie, sviluppando commerci fiorenti.
 

Ma con il nuovo governo non migliorarono affatto le condizioni di vita della popolazione salentina, che avevano vissuto per secoli in uno stato di servitù feudale o sotto una dominazione straniera. Quindi aumentò il divario tra il Nord del Regno d’Italia ed il Sud ... anche per l’introduzione di nuove tasse e la vendita incontrollata di terre demaniali che finirono nelle mani di pochi (ricchi) dando vita al fenomeno del “latifondo”. ​

I latifondi al Sud si formarono in particolar modo con i Piemontesi, i quali svendettero ai loro collaborazionisti tutte le terre demaniali rapinate ai contadini che ne avevano l'uso civico da centinaia di anni.

Non solo i religiosi (sacerdoti, monaci, suore che vivevano nei conventi - se ne conta almeno uno in ogni paese), ma anche la nobiltà del Salento si impoverì e, oberati da debiti, furono tutti costretti a vendere beni come terre, palazzi, mobili.

L'analfabetismo nel Salento superava il 90%. Mentre i professionisti (notai, medici) erano molto pochi ed appartenevano esclusivamente a famiglie nobili o di proprietari terrieri.

Con l'Unità d'Italia la Terra d’Otranto fu considerata come una “colonia” da parte del Regno Sabaudo. Ma questa nuova dominazione favorì la creazione di Briganti, gruppi armati di quanti volevano ribellarsi al nuovo governo “piemontese”. Il nuovo governo piemontese affrontò il problema con una spietata repressione senza preoccuparsi delle condizioni di estrema miseria e arretratezza che l’avevano generato.

Il Regno aveva una forte economia, con una stabile e solida moneta, ma non aveva un forte esercito in quanto lo Stato delle Due Sicilie non aveva mai avuto mire espansionistiche. La flotta navale militare, era onvece la prima in Italia e la terza in Europa. La Marina Mercantile del Regno delle Due Sicilie, era la seconda in Europa con oltre 9.800 bastimenti, e aveva avuto un forte sviluppo per soddisfare le crescenti esigenze nei trasporti commerciali, con circa 500.000.000 ducati tra import ed export. Nel Regno esistevano allora circa quaranta cantieri navali. La giustizia borbonica era la migliore in assoluto in Italia, ed i suoi codici erano di riferimento per tutta la legislazione della penisola italiana e anche d'Europa.

Il Sud Italia, prima come Regno di Napoli e poi come Regno delle Due Sicilie, è stato il più longevo degli stati preunitari essendo durato dal Medioevo fino all'occupazione militare piemontese del 1860. In questo enorme lasso di tempo, il Mezzogiorno ha sviluppato una propria solida identità, tanto che prima dell'occupazione piemontese, il Regno delle Due Sicilie era lo stato mediterraneo più avanzato, un modello di sviluppo per tanti altri paesi.

« Nel 1860 la situazione del Regno delle Due Sicilie, di fronte agli altri stati della penisola, era la seguente, data la sua ricchezza e il numero dei suoi abitanti:
1. Le imposte erano inferiori a quelle degli altri stati.

2. I beni demaniali ed i beni ecclesiastici rappresentavano una ricchezza enorme, e, nel loro insieme, superavano i beni, della stessa natura, posseduti dagli altri stati.

3. Il debito pubblico, tenuissimo, era quattro volte inferiore a quello del Piemonte, e di molto inferiore a quello della Toscana.

4. Il numero degli impiegati, calcolando sulla base delle pensioni nel 1860, era di metà che in Toscana e di quasi metà che nel Regno di Sardegna.

5. La quantità di moneta metallica circolante, ritirata più tardi dalla circolazione dello Stato, era in cifra assoluta due volte superiore a quella di tutti gli altri Stati della penisola uniti insieme. » - F. S. Nitti, Nord e Sud, 1900 - (FDP)

Importanti gli Opifici di lana, di cotone e di lino in Puglia e Basilicata, la cui produzione veniva esportata in tutto il mondo. Vi erano anche centinaia di filande di cui molte motorizzate, fabbriche di presse olearie e di macchine agricole in Bari e Foggia. Poi vi erano aziende agricole e chimiche,  numerosissime flottiglie per la pesca ed i cantieri navali. A Barletta vi era la salina che riforniva tutta l'Europa.

La moneta che circolava nelle Due Sicilie era pari a 443,2 milioni di lire, pari a oltre il doppio di tutte le altre monete circolanti nella penisola italiana. Il Piemonte possedeva solo 20 milioni di lire.

Erano leggi "giuste" che regolavano dazi doganali e misure fiscalil, importazioni e esportazioni con lo scopo di favorire la nascita dell'industria. Dal 1818 l'industria tessile (seta, cotone e lana) e quella metalmeccanica erano i due principali settori trainanti dell'economia delle due Sicilie. Lo sviluppo industriale del Regno delle Due Sicilie, non avvenne per opera di privati (come negli altri Stati (proprietari terrieri in Inghilterra, o Banche in Germania), ma per diretto intervento dello Stato, che venne coadiuvato da imprenditori privati con capitali agrari, commerciali, bancari e di paesi esteri.

Ne "L'archivio di stato di Lecce" del Tanzi si rileva come nel XVIII secolo "Il governo dei vicerè, che aveva dissipato le finanze dello Stato e distrutto l'economia, abbandonò a sè stesse le amministrazioni comunali. I comuni di Terra d'Otranto, una delle provincie più lontane dalla capitale (Napoli), subirono allora la più dura sorte: parte caddero in balia dei propri feudatari, le poche città demaniali (Lecce, Otranto, Gallipoli, Brindisi e Taranto) vennero affidate ad amministrazioni indolenti, che si modellarono sulla corte di Napoli. Le scritture raccolte fanno testimonio delle fortunose vicende, da cui furono in questi tempi di decadenza travagliate quelle Università, strette tra l'avarizia e la prepotenza dei baroni".

 

A cura del dott. Giovanni Greco

Il Sud Italia

Su Francesco II di Borbone l'ultimo re delle Due Sicilie


Spesso l'ultimo re della dinastia dei Borbone è stato descritto come debole di carattere, scarso di cultura e di esperienza, che si propose di seguire la politica reazionaria del padre, senza neppure sospettare la gravità del momento che l’Italia attraversava ... Niente vero; era anzi coltissimo; quello che gli mancava era l'arte militare (in cui suo padre, invece, era stato addestrato in Svizzera, infatti parlava benissimo il tedesco) proprio perché ha studiato molto, educato dai Gesuiti.
Quindi Francesco II di Borbone ultimo re delle Due Sicilie è stato concretamente un Sovrano aperto all'ascolto che cercava sempre la conciliazione; non certo debole, altrimenti si rovesciano i termini giacché è molto più facile imporre d'autorità senza discussioni che non vagliare, soppesare, osservare, ragionare sulle proposte che vengono da altri;
Il padre gli aveva raccomandato tante cose e a ragion veduta. Gli Stati sovrani e indipendenti della penisola italica erano messi in pericolo da cospiratori dell'epoca. Infatti le Società Nazionale avevano eccitato gli animi dei patrioti nel regno di Napoli e di Sicilia ed avevano largamente suscitato il sentimento unitario e lo spirito di insurrezione contro il re Francesco II"
La cosiddetta società Nazionale, detta ipocritamente, altro non erano se non che le sette, le logge segrete, composte dai traditori del proprio paese, "venduti e venditori ", come li definì Sua Maestà Francesco II, per l'appunto.
"Patrioti" infatti deriva da patria vuol dire Terra dei Padri, da coloro che hanno costruito attraverso le generazioni una peculiare tradizione, cultura, fede. leggi, usi, costumi, credenze .... dove stavano queste cose in uno Stato inventato da Mazzini? Mazzini che fu portavoce dei Rotshild. Infatti frequentava le loro case e ha pure avuto una storia "d'amore" con la figlia di Nathan Rotshild. E frequentava anche le logge dei "philosophi": poi la bandiera: il tricolore , bandiera concordata nella loggia di Reggio-Emilia insieme a Napoleone (massone!) mentre la bandiera bianca si è formata in più di settecento anni di vicissitudini del Popolo (quello reale, non con la parte borghese intelletualoide che si spaccia per l'intero Popolo!) : il passaggio dei Borbone, in essa, è rappresentato solo dallo scudo blu con i tre gigli che sta in mezzo ... tutto il resto è storia e vicende del Popolo che ha visto avvicendarsi i re che hanno adottato come propria insegna quella della Comunità Nazionale - aggiungendovi il segno del proprio passaggio - in cui si sono entrati a far parte assumendo la sua storia, cultura, credenze, abitudini, consuetudini ecc.. ecc... (lo hanno fatto gli Altavilla venuti dal Nord Europa, gli Svevi pure, gli Hohenstaufen, gli Angioini, gli Aragonesi: il Casato di Barcellona e quello di Trasmara, gli Asburgo, e quindi i Borbone che hanno reso Stato indipendente un vicereame secolare) mentre i rivoluzionari hanno reso questo Reame colonia sabauda (!).

Diceva, Sua Maestà Francesco II:" ... Io sono napoletano; nato tra voi, non ò respirato altra aria, non ò veduto altri paesi, non conosco altro che il suolo natio. Tutte le mie affezioni sono dentro il Regno: i vostri costumi sono i miei costumi, la vostra lingua la mia lingua; le vostre ambizioni mie ambizioni... Sono un principe vostro che à sacrificato tutto al suo desiderio di conservare la pace, la concordia, la prosperità tra' suoi sudditi ...
Sparisce sotto i colpi de' vostri dominatori l'antica monarchia di Ruggiero e di Carlo III; e le due Sicilie sono state dichiarate provincie di un regno lontano. Napoli e Palermo saranno governati da Prefetti venuti da Torino
" ....
8 dicembre 1860


Ma cos'è questo risorgimento? Per risorgere bisogna prima che qualcosa sia esistita un tempo, a voi risulta che sia mai esistita l'Italia?". 

 

di Rosalba Valente

Storia 

Francesco II di Borbone ultimo re delle Due Sicilie

Un grand'uomo sincero ed onesto, che fino alla fine ha sofferto per la sua gente. E' stato un uomo di grande religiosità. Lui ci ha lasciato qualcosa che noi tutti dobbiamo imparare: umile fino alla morte e uomo di speranza. Il nostro desiderio e la nostra speranza è che un giorno il mondo intero lo riconosca come un grande sovrano quale è stato e, dopo tante calunnie e maldicenzei, venga finalmente onorato come si merità per la sua integrità morale e la sua profonda umanità. Viva Francesco II di Borbone, onore alla sua memoria.

 

di Rosalba Valente

GLORIA A FRANCESCO II, RE DEL REGNO DELLE DUE SICILIE

Un sentito e doveroso ringraziamento agli autori delle ricerche storiche, come il prestigioso recupero documentale ad opera della professoressa Rosalba Valente, le cui ricerche hanno consentito ad altri studiosi la mgliore comprensione e divulgazione delle vicende della real Casa dei Borbone in terra del sud.

I libri di storia DEVONO ESSERE RISCRITTI perchè le evidenze non fanno più parte del revisionismo storico, ma sono la realtà riconosciuta da tanti studiosi della storia del Sud.

Giovanni Greco

 

Che si sappia chi davvero è Francesco II, Re delle Due Sicilie.

 

 Tratto da: 

De Naples à Palerme, 1863-1864

 Visconte  Philippe François Joseph Poli PARIS, LIBRAIRIE PARISIENNE DUPRAY DE LA MAHERIE ÉDITEUR, RUE DE MÉDICIS 1865

Il Vicomte Poli compie il suo secondo viaggio in incognita nell'ex Regno delle Due Sicilie :

"douloureux pélérinage ... allant de la chaumière au château, du palais à la mansarde, dufoyer  intime aux centres publics,  interrogeant le pauvre, le riche,  le commerçant, le gentilhomme, le prêtre, le soldat, l' artiste et pour la seconde fois avec l' énergie de  l'homme d' honneur convaincu, j affirme que de Naples à Palerme, dans les villes et dans les villages, la voix du peuple ne fait qu' un long cri de haine et de réprobation"      ( Doloroso pellegrinaggio, passando dalla casupola al castello, dal palazzo alla mansarda, dall'intimità del focolare ai luoghi pubblici, interrogando il povero, il ricco, il commerciante, il gentiluomo, il prete, il soldato, l'artista e per la seconda volta con il vigore dell'uomo d'onore convinto, affermo che da Napoli a Palermo, nelle città come nei paesi , la voce del popolo è  un unico lungo  grido di odio e di indignazione). 

A pagina 26 e succesive, la seguente testimonianza :

"In un luogo pubblico, a Caserta, per caso legai conversazione con un giovanotto che parlava un francese molto corretto. Arrivammo ben presto a parlar di politica e udii il mio interlocutore criticare con sferzante amarezza il Piemonte e  la  piemontizzazione. Vedendomi mantenere una certa riserva, aggiunse:

- siete stupito del mio parlare; lo sarete ben di più imparando che sono Ungherese e che sono stato garibaldino. Cercavo i combattimenti e la gloria:  ho asistito solo a trionfi preparati col tradimento. Volevo la libertà: ho dovuto piegarmi a incatenare. Volevo la felicità del popolo : ho contrubuito a rovinarlo e ad avvilirlo.  Insomma, i miei compagni e io , ci aspettavamo qualche riconoscenza da parte delle popolazioni: esse simpatizzavano con i briganti, e siamo stati accolti a colpi di fucile. Allora, completamente delusi, abbiamo deciso , gli uni de ritornare in Sicilia, gli altri di entrare nelle bande, quando giunse l'ordine di licenziamento. Mi fu assegnata Caserta per la mia residenza, con un sussidio di due carlini ( circa 4 euro odierni ndt) e..sorvegliato dalla polizia. Potrei tornare nel mio paese ; ma ho giurato a me stesso di riparare al male che ho fatto: venga il momento e mi batterò per Francesco II.

Mi chiedo, come dubitare dell'avvenire di fronte a tali manifestazioni e soprattutto nei confronti del giovane Re, eroe prima del tempo, così cavalleresco, così benevolo, e sopra ogni altra cosa, così intelligente.

So che la parte più vile della stampa piemontese con  i suoi mercenari che gli fanno eco, obbedendo a una parola d'ordine dettata da

presentimenti giustificati, ha cercato per tre anni di ingannare l'opinione pubblica europea tanto sulla monarchia napoletana che sul monarca stesso. A detta di questi servi per interesse, Francesco II sarebbe un principe fellone, incapace, inetto, meritevole per la sua indolenza persino di tutte le sventure e del tutto indegno financo della più volgare simpatia.

Francesco II , sin dalla più tenera età, mostrava un carattere precocemente riflessivo, di natura riservato, ma allo stesso tempo una vivace intelligenza e una inesauribile bontà.

 

La bontà , la benevolenza, sono il fondo del carattere del re ed è anche vero che pochi uomini sono così generosamente dotati sotto l'aspetto intellettivo.  Mi attengo alle testimonianze di  tutti coloro che hanno avuto l'onore di avvicinarlo e di ascolltare la sua parola dolce ma ferma, benevola ma recisa, considerando il futuro con perspicacia più che il passato, e non lasciando al visitatore, tante volte negativamente prevenuto, che il diritto allo stupore e al silenzio ammirato.

Illustri visitatori, diplomatici di vecchia data, oratori rinomati, uomini di stato francesi e inglesi, amici o nemici, sono andati a Roma  e, mossi dalla curiosità che spinge verso le celebrità viventi o decadute, hanno ambito all'onore di essere ricevuti dall'eroe di Gaeta.  Non ve n'è stato uno che entrasse a Palazzo Farnese col sentimento del proprio valore, esagerato o meno, col sentimento della propria superiorità intellettiva;  non ve ne uno che non sia uscito da Palazzo Farnese conquistato, sorpreso, umiliato forse nel proprio intimo,  di fronte a tanta elevatezza e tanto discernimento, nel pensiero e nello stile,  in un principe che ha appena superato l'età in cui  gli altri coetanei sono ancora ragazzotti, e non ve n'è stato uno solo che non abbia biasimato l'errore di giudizio in cui la stampa mercenaria o malevole  l'aveva fatto cadere e restare.  

E' che la disgrazia è la migliore scuola ed esperienza ed è alla scuola delle disgrazie che è cresciuto il re Francesco II.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Palazzo Farnese, Roma- ci sono ancora i gligli della Dinastia Borbone

 

Credeva solo al bene quando Di lo chiamò sul trono, o almeno non poteva credere alla vigliaccheria, allo spergiuro, al tradimento, aveva fede nel giuramento di un Nunziante, ricolmo di benefici da casa Borbone, e credeva all 'abbraccio di quel Liborio Romano, che lo stesso Giuda rinnegherebbe come fratello!

Gaeta ha fatto la gloria di Francesco II ; ma ciò che ha preceduto e portato alla caduta dell'indipendenza e della monarchia, ha costituito il disincanto precoce del giovane re.

Abbandonato, tradito, venduto dalla maggior parte di coloro che i suoi padri ed egli stesso avevano creduto legati senza ombra di dubbio per i molteplici benifici a loro elargiti.

 Francesco II ha imparato presto a conoscere gli uomini ... questa natura elitaria, natura sovrana per eccellenza, si è ripiegata su se stessa; la sua diffidenza, giustificata purtroppo!, ha sostituito, in questo cuore di Re, la cordialità,  la spontanea fiducia ereditaria presso i principi di Borbone;  pacato, fiero  sentendosene al doppio in diritto di esserlo,  per lo più ritroso fino a sembrare distante, spirito osservatore  e sagace ; intelligenza feconda e disincantata, questo è Francesco II.

La disgrazia raffredda l'animo, ma lo innalza e lo purifica; ammansisce lo spirito ma lo espande; rattrista il cuore, ma lo dota della forza di pazientare e lo rinvigorisce con la ragione.

Un sì fatto  principe ha certezza del trionfo perchè è sicuro sullla propria causa e di se stesso: paziente senza debolezze, non getterà sconsideratamente la spada sulla bilancia, e nemmeno la lancerà invano".

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Palazzo Farnese, Galleria Caracci


Avete notato come questo sovrano è la sintesi del carattere, dei valori e  della sorte dei suoi popoli (che Egli definisce "la più grande e più diletta parte della mia famiglia") ?

Riabilitato il suo nome e restituito l'onore che gli spetta/ riabilitato il nostro nome e l'onore che ci spetta.

Non si scappa da questo passo.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Palazzo Farnese

 

Tutto ciò che ci appartiene è onore, pazienza, coraggio, sopportazione senza cedimenti, sagacia e lungimiranza ...

per il momento ancora sbeffeggiate e concludo con Nicola Zitara:

"...L'Italia Una, dei savoi, ... ha avuto bisogno di un popolo di iloti, che stringesse la cinghia e realizzasse un surplus su cui mettere le mani ... Per averlo ...più economicamente (ha preferito)  dicreditare la figura ... per ottenere quanto serviva loro senza dire grazie."    


a cura di Rosalba Valente
 

Le casate delle varie dinastie del Regno Borbonico

Il 22 dicembre 1816 nasceva il Regno delle Due Sicilie

In ottemperanza a quanto deciso dal Congresso di Vienna Re Ferdinando di Borbone emanò un decreto in cui unificava i Regni di Napoli e di Sicilia nel nuovo Regno delle Due Sicilie.
 

Il giorno 8 e 11 dicembre 1816 venne soppressa la costituzione siciliana del 1812 e con essa gli Istituti Parlamentari indipendenti.

 

Il Regno di Sicilia cessò di esistere e venne accorpato nel neonato Regno delle Due Sicilie.

 

Il re (Ferdinando IV re di Sicilia e re di Napoli) assunse il titolo di Ferdinando I re del Regno delle Due Sicilie.

Il 27 dicembre del 1894 a soli 58 anni si spegneva nel suo triste esilio di Arco

il Re Francesco II di Borbone, ultimo sovrano della Patria Napolitana

 

27 dicembre 1894-2014: tradizionale Messa
per Francesco II di Borbone
a Napoli e a Caserta




SABATO 27 DICEMBRE ORE 18.30, NAPOLI, Chiesa di S. Ferdinando di Palazzo, Santa Messa in Rito Romano Antico per Francesco II di Borbone, ultimo Re delle Due Sicilie, a cura della Fondazione Il Giglio con la partecipazione dei delegati del Movimento Neoborbonico, dei delegati del Sacro Militare Ordine Costantiniano di San Giorgio e delle Reali Guardie d'Onore Borboniche.

 

Nel giorno esatto del 120° anniversario della morte di Francesco II, Santo e Re (27 dicembre 1894), si rinnova l'appuntamento con la tradizionale Messa napoletana organizzata annualmente dagli amici della Fondazione.

 

Nello stesso importante giorno, il 27 dicembre alle ore 17.30, Santa Messa per Francesco II anche a Caserta presso la Chiesa del Buon Pastore a cura dei Comitati delle Due Sicilie: le due città così care alla dinastia borbonica unite nel ricordo del loro ultimo Re.

funerali di Francesco II di Borbone

del 5 gennaio 1895

BelSalento è una produzione GIOVECOM - giovani e comunicazione ai siti

Qui Giovecom
Qui Giovecom  Raku Art

Qui Giovecom facebook

a cura del dott. Giovanni Greco

Segue una tesi di laurea (estratto) sui processi industriali della città di Lecce dal 1800 al 1900: l'illuminazione cittadina a carbone, a petrolio, a gas di petrolio (1873) ed elettrica; la tramvia elettrica di Lecce (1898-1933).​

di Giovanni Greco

 

La flotta di BelSalento è ampia;

al momento ci sono sei temi con sei siti internet collegati l'uno con l'altro :

 

1) BelSalento Parco Letterario, Archeologia Industriale, Preistoria, Storia e Ambiente http://belsalento.wix.com/belsalento

2) La Cucina di BelSalento

http://belsalento.wix.com/lacucinadibelsalento

3) Arte Musica Poesie di BelSalento

http://belsalento.wix.com/arte-musica-poesia

4) BelSalento GreenLife

http://belsalento.wix.com/greenlife

5) BelSalento Cinema Teatro Webtv

http://belsalento.wix.com/cinema-teatro-webtv

6) BelSalento Foto
http://belsalento.wix.com/foto

e poi in facebook al sito
https://www.facebook.com/groups/belsalentoweb/
e su "Bel Salento - Solo per divertimento"
https://www.facebook.com/pages/Bel-Salento/304328566415441

Il 27 dicembre 1894 moriva Francesco II di Borbone, ultimo re delle Due Sicilie.


Qui una parte del proclama integrale di Francesco II ai Popoli delle Due Sicilie.

"Tutte le mie affezioni sono dentro il Regno: i vostri costumi sono i miei costumi : la vostra lingua è la mia lingua; le vostre ambizioni mie ambizioni. Erede di una antica dinastia che ha regnato in queste belle contrade per lunghi anni ricostituendone l'indipendenza e l'autonomia, non vengo dopo avere spogliato del loro patrimonio gli orfani, dei suoi beni la Chiesa ad impadronirmi con forza straniera della piú deliziosa parte d'Italia. Sono un principe vostro che ha sacrificato tutto al suo desiderio di conservare la pace, la concordia, la prosperità tra' suoi sudditi.".

TESTO INTEGRALE:


POPOLI DELLE DUE SICILIE


Da questa Piazza dove difendo piú che la mia corona l'indipendenza della patria comune, si alza la voce del vostro Sovrano per consolarvi nelle vostre miserie, per promettervi tempi piú felice.
Traditi ugualmente, ugualmente spogliati, risorgeremo allo stesso tempo dalle nostre sventure; ché mai ha durato lungamente l'opera della iniquità, né sono eterne le usurpazioni.
Ho lasciato perdersi nel disprezzo le calunnie; ho guardato con isdegno i tradimenti, mentre che tradimenti e calunnie attaccavano soltanto la mia persona; ho combattuto non per me ma per l'onore del nome che portiamo. Ma quando veggo i sudditi miei che tanto amo in preda a tutti i mali della dominazione straniera, quando li vedo come popoli conquistati portando il loro sangue e le loro sostanze ad altri paesi, calpestati dal piede di straniero padrone, il mio cuore napolitano batte indegnato nel mio petto, consolato soltanto dalla lealtà di questa prode armata, dallo spettacolo delle nobili proteste che da tutti gli angoli del Regno si alzano contro il
trionfo della violenza e dell'astuzia.
Io sono napolitano; nato tra voi, non ho respirato altra aria, non ho veduto altri paesi, non conosco altro che il suolo natio.
Tutte le mie affezioni sono dentro il Regno : i vostri costumi sono i miei costumi : la vostra lingua è la mia lingua; le vostre ambizioni mie ambizioni. Erede di una antica dinastia che ha regnato in queste belle contrade per lunghi anni ricostituendone l'indipendenza e l'autonomia, non vengo dopo avere spogliato del loro patrimonio gli orfani, dei suoi beni la Chiesa ad impadronirmi con forza straniera della piú deliziosa parte d'Italia. Sono un principe vostro che ha sacrificato tutto al suo desiderio di
conservare la pace, la concordia, la prosperità tra' suoi sudditi.
Il mondo intero l'ha veduto; per non versare il sangue ho preferito rischiare la mia corona. I traditori pagati dal nemico straniero sedevano accanto a' fedeli nel mio consiglio ; ma nella sincerità del mio cuore, io non poteva credere al tradimento. Mi costava troppo punire; mi doleva aprire, dopo tante nostre sventure, un'era
di persecuzioni; e cosí la slealtà di pochi e la clemenza mia hanno aiutata l'invasione piemontese pria per mezzo degli avventurieri  rivoluzionari e poi della sua armata regolare, paralizzando la fedeltà de' miei popoli, il valore de' miei soldati.
In mano a cospirazioni continue non ho fatto versare una goccia di sangue, ed hanno accusata la mia condotta di debolezza. Se l'amore il piú tenero pe' miei sudditi, se la fiducia naturale della gioventú nella onestà degli altri, se l'orrore istintivo al sangue meritano questo nome, sono stato certamente debole. Nel momento in che era sicura la rovina de' miei nemici, ho fermato il braccio de' miei generali per non consumare la distruzione di Palermo, ho preferito lasciare Napoli, la mia propria casa, la mia diletta capitale per no esporla agli orrori di un bombardamento, come quelli che hanno avuto luogo piú tardi in Capua ed in Ancona.

Ho creduto nella buona fede che il Re del Piemonte che si diceva mia fratello, mio amico, che mi protestava disapprovare la invasione di Garibaldi, che negoziava col mio governo una alleanza intima pe' veri interessi d'Italia, non avrebbe rotto tutt'i patti e violate tutte le leggi, per invadere i miei Stati in piena pace, senza motivi né dichiarazioni di guerra. Se questi erano i niei torti, preferisco le mie sventure a' trionfi de' miei avversari.
Io aveva data una amnistia, aveva aperto le porte della patria a tutti gli esuli, conceduto a' miei popoli una costituzione.

Non ho mancato certo alle mie promesse.

Mi preparava a garantire alla Sicilia istituzioni libere che consecrassero con un parlamento separato la sua indipendenza amministrativa ed economica rimuovendo ad un tratto ogni motivo di sfiducia e di scontento. Aveva chiamato a' miei consigli quegli uomini che mi sembrarono piú accettabili all'opinione pubblica in quelle circostanze, ed in quanto me lo ha permesso l'incessante aggressione di che sono stato vittima, ho lavorato con ardore alle riforme, a' progressi, ai vantaggi del comune paese.
Non sono i miei sudditi che mi hanno combattuto contro; non mi strappano il Regno le discordie intestine, ma mi vince l'ingiustificabile invasione d'un nemico straniero. Le Due Sicilie, salvo Gaeta e Messina, questi ultimi asili della loro indipendenza, si trovano nelle mani del Piemonte.

Che ha dato questa rivoluzione ai miei popoli di Napoli e di Sicilia?

Vedete lo stato che presenta il paese.

Le finanze un tempo cosí floride sono completamente rovinate : l'amministrazione è un caos : la sicurezza individuale non esiste. Le prigioni sono piene di sospetti : in vece della libertà, lo stato di assedio regna nelle province, ed un generale straniero pubblica la legge marziale, decreta la fucilazione istantanea per tutti quelli dei miei sudditi che non s'inchinano alla bandiera di Sardegna. L'assassinio è ricompensato, il regicidio merita una apoteosi; il rispetto al culto santo de' nostri Padri è
chiamato fanatismo; i promotori della guerra civile, i traditori del proprio paese ricevono pensioni che paga il pacifico contribuente.
L'anarchia è da per tutto. Avventurieri stranieri han rimestato tutto, per saziare l'avidità o le passioni dei loro compagni. Uomini che non hanno mai veduta questa parte d'Italia, o che hanno dimenticato in lunga assenza i suoi bisogni, formano il vostro governo. In vece delle libere istituzioni che io vi aveva date e che
era mio desiderio sviluppare, avete avuta la piú sfrenata dittatura, e la legge marziale sostituisce adesso la costituzione. Sparisce sotto i colpi de' vostri dominatori l'antica monarchia di Ruggiero e di Carlo III, e le due Sicilie sono state dichiarate province di un Regno lontano.

Napoli e Palermo saranno governati da prefetti venuti da Torino.
Ci è un rimedio per questi mali, per le calamità piú grandi che prevedo. La concordia, la risoluzione, la fede nell'avvenire.
Unitevi intorno al trono de' vostri padri. Che l'obblio copra per sempre gli errori di tutti; che il passato non sia mai pretesto di vendetta, ma pel futuro lezione salutare. Io ho fiducia nella giustizia della Provvidenza, e qualunque sia la mia sorte, resterò fedele a' miei popoli ed alle istituzione che ho loro accordate.
Indipendenza amministrativa ed economica tra le due Sicilie con parlamenti separati; amnistía completa per tutt'i fatti politici;
questo è il mio programma. Fuori di queste basi non ci sarà pel paese, che dispotismo o anarchia.
Difensore della sua indipendenza, io resto e combatto qui per non abbandonare cosí santo e caro deposito. Se l'autorità ritorna nelle mie mani sarà per tutelare tutt'i diritti, rispettare tutte le proprietà, garantire le persone e le sostanze de' miei sudditi contra ogni sorta di oppressione e di saccheggio. E se la Provvidenza nei suoi alti disegni permette che cada sotto i colpi del nemico straniero l'ultimo baluardo della monarchia, mi ritirerò con la coscienza sana, con incrollabile fede, con immutabile
risoluzione; ed aspettando l'ora inevitabile della giustizia, farò i piú fervidi voti per la prosperità della mia patria, per la felicità di questi popoli che formano la piú grande e piú diletta parte della mia famiglia.

Preghiamo il sommo Iddio e la invitta Immacolata protettrice speciale del nostro paese, onde si degnino sostener la nostra causa.

 

Gaeta 8 Dicembre 1860.

FRANCESCO

a cura di Giovanni Greco

La storia di quasi mille anni

Dal 1130 fino al 1861 il Meridione della penisola italica è stato governato da diverse dinastie (Normanni, Svevi, Aragonesi, Angioini, Borbone...). Tutte queste dinastie preservarono l'unità

del Regno con Napoli e/o Palermo capitali.

COMUNI DEL SALENTO
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Alessano,
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Andrano,
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Aradeo,
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Arnesano,
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Botrugno,
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Campi Salentina,
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Carmiano,
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Casarano,
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Castri di Lecce,
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Castrignano de' Greci,
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Castrignano del Capo,
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Cavallino,
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Copertino,

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Corigliano.

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Corsano,
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Cutrofiano,
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Diso,
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Gagliano del Capo,
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Galatina,
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Galatone,
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Giuggianello,
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Guagnano,
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Lecce,
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Lizzanello,
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Maglie,
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Martano,
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Matino,
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Melpignano,

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Miggiano,
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Minervino di Lecce,
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Monteroni di Lecce,
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Montesano Salentino,
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Muro Leccese,
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Nardò,
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Neviano,
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Novoli,
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Otranto,
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Palmariggi,
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Parabita,
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Patù,
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Poggiardo,
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Racale,
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Salice Salentino,
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San Cassiano,
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San Donato di Lecce,
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San Pietro in Lama,
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Sanarica,
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Sannicola,
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Seclì,

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Soleto,

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Specchia,
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Spongano,
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Squinzano,
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Sternatia,

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Surbo,
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Taurisano,
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Taviano,
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Tiggiano,
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Trepuzzi,
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Tricase,
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Tuglie,
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Ugento,
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Uggiano La Chiesa,
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Zollino
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