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Qui di seguito le ere e le popolazioni che hanno vissuto nel territorio salentino e che ne hanno costituito il "genius loci".

I NOSTRI AVI - Età MEDIOEVALE //

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Storia e Preistoria del Salento

Salice Salentino nel 1300

di

Davide Polimeno

Su ispezione della Soprintendenza
ai Beni architettonici e monumentali.


L’insediamento

Il comune di Salice Salentino si trova all’estremità nord occidentale della provincia di Lecce, a pochi kilometri dalla provincia di Taranto. Esso dista 10 km dalla costa ionica, in particolare da Torre Castiglione. Anticamente esso era un abitato situato nella regione centrale della Terra d’Otranto. Si tratta di un’area completamente pianeggiante, in larga percentuale occupata da colture viticole, da decenni una specialità del luogo; alla viticoltura segue l’olivicoltura. Quanto alle prime menzioni di Salice le prime testimonianze scritte sono relative all’età normanna: al 1102 risale un diploma di Ruggiero Duca di Puglia, in cui si fa riferimento ad una chiesa di San Nicola in Salice; settant’anni dopo il toponimo ricompare in un documento attribuito a Guglielmo il Buono (1153-1189) (De Nisi 1968, p.1.)  Un barone di Salice, Matteo Aldemaro (o Adimari) è il primo feudatario di Salice (2 Quarta1989, p. 40.), forse negli anni di Federico II, o addirittura sotto la madre di questi Costanza d’Altavilla.

L’insediamento, diventato ormai casale nella seconda metà del XIII secolo, compare nelle fonti documentarie di epoca angioina, durante i regni di Carlo I e Carlo II; sotto Carlo I è affidato a Sibilia Riccavilla, vedova di Jacopo Riccavilla, feudatario di Salice sotto gli Svevi.

Più tardi il casale passò a Guidone Sambiasi, e dopo la breve parentesi degli Alemmano, a Vinciguerra Sambiasi, figlio di Guidone, che lo tolse agli Alemanno con l’uso delle armi (3 Quarta 1989, p.40.), forse negli anni di Federico II, o addirittura sotto la madre di questi Costanza d’Altavilla. . Sotto Carlo II 1292 passa, all’interno della contea di Lecce, a Hugo di Brienne (4 De Nisi 1968, pp.1-2, 6.).

Dal 1294 Salice è sotto la giurisdizione del principato di Taranto, retto allora da Filippo, figlio di Carlo II d ’Angiò; il casale rimane annesso ad esso per novant ’anni prima di tornare sotto il diretto controllo di Napoli  (5 De Nisi 1968, p.10.).


Da un documento risalente agli anni di Carlo II sappiamo inoltre che dal punto di vista ecclesiastico Salice apparteneva alla curia di Brindisi-Oria (De Nisi 1968, p. 38.). Sotto Maria d’Enghien (fine XIV-inizi XV secolo) Luigi dell’Acaya, francese residente in Puglia, è creato barone di Salice (De Nisi 1968, p.10, Quarta 1989, p. 41.).

Nella seconda metà del XV secolo Salice fu di nuovo infeudato alla famiglia Ciurli (o Zurlo) che lo conservarono sino al 1483  (De Nisi 1968, p. 27; Quarta 1968, p. 41.). Ai Zurlo succedettero i Greco di Ugento, per essersi distinti nella loro lealtà agli Aragona (Arditi 1885, p. 513.).
In seguito i De Marinis acquisirono Campi e in seguito Salice, tra gli ultimi anni della dominazione aragonese e l’ascesa al trono di Carlo V. Sotto quest’ultimo, in pieno XVI secolo, i Paladini da Campi risultano essere i nuovi signori di Salice, con Ferrante figlio del barone Luigi I, che sembra rilevare il feudo nel 1520; questa famiglia conserverà,
sebbene ad alterne vicende, questo suo possedimento fino al 1567, quando fu ceduto a Giovanni Antonio Albricci (Quarta 1989, p. 47.). Nel frattempo verso la metà del XVI secolo l’arcidiocesi a cui Salice apparteneva, quella di Brindisi-Oria, si divideva in due: Brindisi fu sede arcivescovile e il suo presule mantenne la sua giurisdizione sul centro di Salice (De Nisi 1968, p. 39.).

 

Note di geologia

Il territorio è ricco di giacimenti calcarenitici, impropriamente associati al tufo dalla popolazione locale. Si tratta in realtà di calcareniti detritico organogene, la cui grana è medio grossolana.
Calcareniti si trovano anche più a nord, lungo il confine con la provincia di Brindisi, in particolare nel feudo di San Pancrazio Salentino. Altri giacimenti attestati a Salice Salentino sono quelli dei calcari di tipo dolomitico (Stasi-Colletta 2010.).

 

L’insediamento

L’insediamento sembra svilupparsi, divenendo un insediamento di un certo rilievo a partire dalla metà del XIII secolo; alla fine dello stesso secolo il centro appare incluso nella diocesi brindisino-oritana. La più antica chiesa di cui si abbia menzione è quella di San Nicola, che compare in documenti di inizi XIII secolo. L’altra antica chiesa di cui si abbia memoria è quella di San Giovanni. (De Nisi 1968)
Il convento dei riformati risale invece alla fine del XVI secolo (Arditi 1885, p.513.).
Per quanto riguarda le costruzioni civili e militari, è presente una torre di vedetta a pianta esagonale, fatta risalire al XIII sec., ipotizzando una contemporaneità con quella di Leverano, voluta da Federico II
(De Nisi 1968, p. 3 e p. 49 ( fig.3)).
L’edificio castrense sembra risalire agli anni di Raimondello del Balzo Orsini
(De Nisi 1968, p. 65 ( fig.4)). L’architettura di questo si rivela effettivamente databile tra la seconda metà del XIV e la prima metà del XV secolo. L’edificio si trova nel settore orientale del centro storico di Salice. Agli anni di questo principe, viene fatta risalire un’altra costruzione, detta comunemente la Casa del Re (Arditi 1885, p. 513).


Casa Greco
L’immobile si trova ai limiti del centro storico di Salice, precisamente a sud di questo. Esso consiste in una casa a due piani di probabile impianto seicentesco. La costruzione è realizzata in materiale calcarenitico, non dissimile dal carparo. La costruzione presenta una cortina esterna in conci squadrati e un riempimento a sacco, come si ricava da un’osservazione dei crolli nell’ala retrostante il fabbricato. Sul retro della casa in quello che risulta ora uno spiazzo aperto vi sono degli ambienti in parte crollati, un tempo coperti da volte a botte. La muratura di questi è costituita da grandi blocchi in calcare locale, misuranti 50 cm per 22 cm in altezza e circa 20 cm altri come spessore. Oltrepassato il vano centrale si accede ad un corridoio (ambiente A ) con orientamento est-ovest; all ’estremità occidentale di questo, addossato all’angolo settentrionale si trova un pilastro polistilo sormontato da capitello e parte di un’arcata, molto probabilmente a sesto acuto.

Si tratta di un pilastro polistilo, su alto basamento. Esso è realizzato in conci squadrati, regolari, di origine calcarea. Quanto allo stile, sulla base della situazione visibile, è plausibile che esso sorreggesse un’arcata a sesto acuto, piuttosto che una a tutto sesto. In merito a tale stile architettonico si tratterebbe probabilmente di una fase di passaggio dal romanico a gotico in Terra d’Otranto.

Un simile pilastro trova confronto in quelli della basilica orsiniana di Santa Caterina a Galatina.

La datazione di tale struttura sarebbe da porre pertanto tra XIV e XV secolo. All’esterno di tale corridoio, sul lato nord dell’edificio attuale, si trova, apparentemente, riutilizzato un elemento architettonico corrispondente ad una cornice, dissimile dalla restante muratura seicentesca dell’abitazione. In realtà all’estremità ovest del corridoio, sebbene non in comunicazione con questo, si trova un piccolo ambiente (ambiente B), sulla cui parete orientale si notano dei blocchi di maggiore spessore e diversa fattura rispetto agli altri conci di arenaria di cui è costruita la casa. Tale muro, presentante orientamento nord-sud, presenta una nicchia cieca al di sopra di una cornice.
E’ presumibile che questo muro sia antecedente la costruzione della casa seicentesca, ma non è assodata la sua appartenenza all’edificio tardoromanico-gotico a cui è riferibile il pilastro. L’altezza della sala in cui la nicchia con cornice si trova induce a ritenere che essa sia stata tagliata, dal soffitto della costruzione seicentesca. Sia il pilastro, sia la cornice con nicchia cieca sono realizzati nello stesso materiale lapideo. Questo induce a pensare che i costruttori che operarono in quest’area tra fine Medioevo e XVII secolo abbiano fatto ricorso a risorse disponibili in loco o nel territorio circostante Salice. Non è chiaro in quale area siano stati cavati i blocchi; solo una ricognizione nei territori di Salice e San Pancrazio potrebbe fornire indicazioni in tal senso. Quanto alle dimensioni dei blocchi, nel pilastro (dove le giunture son be n visibili) essi presentano un’altezza di circa 24 cm. I conci della base presentano in realtà un’altezza pari (a 25 cm) In totale l’altezza complessiva del pilastro con arcata è di 5,50 metri.
A meno di un metro di distanza dalla base del pilastro è presente un pozzo, realizzato probabilmente dopo l’abbandono del grande edificio gotico di probabile natura religiosa.
Tra XIII e XV secolo in tutta la penisola si assiste alla standardizzazione dei blocchi; sebbene vi siano varianti regionali, è’ ipotizzabile pertanto l’epoca di estrazione e di messa in opera di questi ultimi coincida con l’ultimo quarto del XIV prima metà del XV secolo (
18 Varagnoli 2009, Manfredi 2005, p. 560; Chiovelli 2007, p. 462).

 

Conclusioni
L’abitazione sembra risalire ad un orizzonte di XVII secolo. L’abitazione sarebbe sorta inglobando i resti di una struttura tardo medievale, la cui funzione è probabilmente religiosa, per cui si ipotizza la funzione di chiesa intra moenia. Tale chiesa fu probabilmente realizzata nel quadro del rilancio del piccolo centro voluto dagli Orsini a fine XIV secolo, sebbene la struttura possa essere leggermente più tarda e datata entro la metà del XV secolo.

 

 

 

 

Bibliografia di riferimento

 

  • Arditi 1885- Lecce, La Geografia storica e storica, Lecce1885.

  • Chiovelli 2007- R. Chiovelli, tecniche costruttive murarie medievali: la Tuscia, Roma 2007.

  • De Nisi 1968- G. De Nisi, Salice Terrae Hydrunti, Ostia 1968. 1968 Manfredi 2005- A.

  • Manfredi, Tecniche costruttive medievali nel territorio di Pomarance (PI), Murature, sezioni e forma dei conci nelle architetture dell’ XI-XIV secolo, in BibarUnisi, 2005, pp. 559-66.(http://www.bibar.unisi.it/sites/www.bibar.unisi.it/files/testi/testisami/sami3/3_05_man.pdf)

  • Quarta 989-G.L. Quarta, Salice Salentino, dalle origini al trionfo della Giovane Italia, Salice 1989.

  • Stasi –Colletta 2010- P. Stasi-A. Colletta, Adeguamento degli scarichi e delle immissioni nel sottosuolo delle acque meteoriche. Relazione geologica e idrologica, 2010.

  • Varagnoli 2009- F.Varagnoli 2009 (ed.), Prospettive per l’analisi e la conservazione dell’edilizia storica, Firenze 2009.

 

Blasone della famiglia Acaya

di Giovanni Greco

 

La flotta di BelSalento è ampia;

al momento ci sono sei temi con sei siti internet collegati l'uno con l'altro :

 

1) BelSalento Parco Letterario, Archeologia Industriale, Preistoria, Storia e Ambiente http://belsalento.wix.com/belsalento

2) La Cucina di BelSalento

http://belsalento.wix.com/lacucinadibelsalento

3) Arte Musica Poesie di BelSalento

http://belsalento.wix.com/arte-musica-poesia

4) BelSalento GreenLife

http://belsalento.wix.com/greenlife

5) BelSalento Cinema Teatro Webtv

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6) BelSalento Foto
http://belsalento.wix.com/foto

e poi in facebook al sito
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e su "Bel Salento - Solo per divertimento"
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BelSalento è una produzione GIOVECOM - giovani e comunicazione ai siti

Qui Giovecom
Qui Giovecom  Raku Art

Qui Giovecom facebook

Qui a sinistra uno dei due ingressi alla nicchia presumibilmente Basiliana, che attualmente è stata tralasciata dalla barbarie del "progresso" e dell'ignoranza:

qui a destra invece l'altro ingresso che, dopo la insensata trasformazione, appare visibilmente PIALLATO ...

   per fare UN BAGNO??? LI DENTRO ???  

Questo ingresso a destra per alcune centinaia di anni aveva mantenuto intatto il suo aspetto sagomato. Fino al 2012. Era molto caratteristico e delicato, particolarmente più complesso rispetto alla figura a sinistra. Purtroppo per qualcuno profondamente ignorante era ovviamente un pesante fastidio mantenerlo così come era. Quindi la loro ignoranza ha privato tutti della conoscenza storica di un passato remoto. Certo un cotto anni '80 in una nicchia presumibilmente Basiliana ... come anche piallare quell'ingresso per mettervi lastre di granito ... è da vandalli !

Così come anche l'osservazione stupida "sono solo pietre!" ...
W l'ignoranza che per 50 euro cancella anche l'ombra di un passato religioso.

Qui l'INTERNO DELLA NICCHIA BASILIANA che si trova a circa 10 metri dalla Colonna Protogotica (Colonna che apparteneva all'antica Basilica ormai crollata).
Questa nicchia fu addossata sui resti di una chiesa (crollata anch'essa).
Di questa ulteriore chiesa (che fu costruita dopo il crollo della Basilica) resta visibile qui a destra il frontone con l'unica abside rimasta in piedi; intorno ad essa fu edificata questa minuscola nicchia di età basiliana.


MA COME SI PUO' PENSARE DI FARE UN BAGNO QUI DENTRO"?
EPPURE RESTA 
SEMPLICEMENTE
UNA IDEA DA ...

Salice Salentino prese il nome dai numerosi alberi di salici che un tempo crescevano intorno. 

 

Altri edifici sono i ruderi del palazzo fortificato, detto "Casa del Re", residenza di Raimondello Orsini del Balzo e della moglie Maria d'Enghien.

Salice Salentino
uno sguardo alternativo sulle origini

di Alessio Sacquegna
Blogger di

 Bistrò Charbonnier 

 

http://bistrocharbonnier.altervista.org/salice-salentino-uno-sguardo-alternativo-sulle-origini/

Salice Salentino è un piccolo paese situato in provincia di Lecce, ricadente nell'area nord-occidentale denominata Terra d'Arneo. Le sue origini sono accertate almeno al XI secolo d. C., in quanto risale a quell'epoca una cappella eretta in onore a San Giovanni Battista, oggi dedicata a Santa Filomena. La prima fonte documentaria in cui viene citato il paese è un Diploma redatto da Ruggiero il Normanno, datato 10 aprile 1102 (1)

 

in foto : Puglia piana terra di Bari, terra di Otranto, Calabria et Basilicata / per Gerardum Mercatorem

http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b8439634j/f1.item

Source gallica.fr / Bibliothèque nationale de France

 

Tuttavia questa località risulta essere stata abitata già nel X secolo d. C., e sebbene non ci sia alcuna traccia storica ed archeologica comprovante tale ipotesi, qualche barlume di speranza pare essere offerta dalla toponomastica e da alcune evidenze di epoca romana giunte ai nostri giorni.

 

Nell'Alto Medioevo il feudo salicese doveva presentarsi come una vasta landa desolata, lasciata al proliferare della tipica macchia mediterranea, caratterizzata da circoscritte aree boschive alternate a zone acquitrinose. Esso ricadeva nell'agro oritano, ed era indicato col termine di foresta (2). Con le piogge stagionali molti terreni aventi una natura semiarida, finivano per essere inondati, mentre le acque meteoriche, scivolando dalle alture, si depositavano e stagnavano in canali ed avvallamenti, favorendo la proliferazione di aree paludose e portatrici d'ogni pestilenza. Conseguenze, queste, di secoli di guerre e carestie; invece quelle poche aree poste a coltivazione e racchiuse in recinti, le clausure, dovevano essere beni preziosissimi per condurre una vita dedita alla sussistenza.

In un simile contesto nasceva il primo insediamento comunitario di Salice Salentino, composto da piccoli casolari – pressoché tuguri – sparsi in maniera assai disordinata, eretti per necessità con materiali di fortuna e strumenti rudimentali. Questo nucleo abitativo sorgeva nei pressi dell'odierna contrada Pozzonuovo, mentre le aree circostanti erano caratterizzate da alcune macchie boschive (poste a ponente) e, non poco distante, da diverse zone acquinitrose (molte di esse ricadevano tra oriente e settentrione). Tuttavia il terreno era ricco di sorgenti d'acqua potabile, ed in particolare contrada Fontana (dove oggi passa l'omonima arteria stradale cittadina), secondo Giuseppe Leopoldo Quarta – autore di un'opera avveniristica per il suo tempo, inerente la storia municipale di Salice Salentino – afferma che essa dovesse tale appellativo alla presenza di sette pozzi, situati uno appresso all'altro. Egli, a tal proposito, riporta un curioso aneddoto:

 

"Una leggenda narra che l'acqua vi sgorgasse la prima volta pel cozzo che ivi ad un sasso diè un toro infuriato uscito dalla mandria e spaurito dall'abbaiar dei cani che seguivano a caccia Raimondello del Balzo Orsino."

 

Non sarebbe assurdo ipotizzare, dunque, che almeno il pozzo conventuale sia stato uno di quelli da cui, per tanti secoli, i salicesi attingevano l'acqua. Rispetto a questa contrada, poco più a nord passava la vecchia via campestre detta delli Grotti, la cui denominazione veniva associata alla lussureggiante vegetazione che imperava lungo il ciglio di questo sentiero: fitte siepi e slanciati pioppi si aggrovigliavano verso l'etere, creando così maestosi antri naturali e verdeggianti. Cioè, nu šciju! (3)

Proprio questo termine, nel dialetto salentino, assume un valore piuttosto specifico: esso indica il Populus (ovvero il pioppo), pianta molto diffusa in zona. Inoltre dalla traslitterazione del vocabolo dialettale in lingua italiana avrebbe origine la contrada Sciglio, posta a meridione della Masseria Arco, vicino Villa Baldassarri. Per Quarta il termine šciju avrebbe un'origine greca: ὕλη (bosco) e ὕληεις (boscoso). Risulta altrettanto singolare che tale espressione sia utilizzata in alcune località calabresi sebbene in queste non indichi il pioppo, bensì la quercia.

Proprio quest'ultima specie arborea, sostiene il Quarta, sostituisce il salice piangente nello stemma cittadino in un Diploma rilasciato dall'Università di Napoli nel 1603 all'Utroque Iure Doctor Giovanni Andrea Capoccelli.

Questa fonte documentaria, menzionata dall'autore, pone sotto una riflessione critica sia l'origine dello stemma cittadino (4) e sia l'associazione del nome al genere botanico delle salicacee. Infatti, il salix babylonica, comunemente noto come salice piangente e simbolo del paese, venne introdotto intorno al XVII secolo dall'Asia Minore. Allora viene proposta la tesi del professor Palumbo (ma non supportata dal Quarta), il quale ipotizzava che il nome del paese avesse origine dal salix viminalis: pianta presente in Salento, ma forse anch'essa introdotta in secoli recenti. Da ciò risulta veramente incerta l'origine del nome di Salice Salentino, e pare veramente difficile, o quanto meno incerto, che essa derivi da qualche salicaceae (5). Perciò da questo presupposto sono avanzate ulteriori teorie, alcune delle quali vengono proposte dal Quarta:

 

"E si fanno altre ipotesi ed or lo si fa derivare dalla qualità della abbondantissime acque sorgive ma salmastre, coll'indicazione dell'aggettivo latino salsus-salsi, ora dal leggendario re Sale chiamato anche Pilunno e figlio del primo Minos che dalla Grecia venne ad abitare in questa regione chiamata Sallenzia, che, d'altronde, ignorasi quale e dove trovavasi."

 

Per quanto concerne la dizione proposta dall'autore, salsus-salsi (in accezione di salare), pare che essa non abbia molta attinenza col luogo. Tuttavia, se tale aggettivo fosse riconducibile alla figura mitologica del messapico re Sale, si potrebbe riferire alle popolazioni indigene. Infatti, secondo una teoria suggerita da Mario Cosmai (6), il toponimo Salento deriverebbe dal termine latino salum, inteso dunque come terra circondata dal mare, e che sallentini fossero chiamati dai romani quegli abitanti di zone prevalentemente salmastre e paludose. Oltre a ciò, l'ipotesi caldeggiata dal Quarta risulta avvalorata dal termine latino salis, che, attraverso una comparazione di toponomastica, potrebbe dare origine all'omonima località di Salice Terme, in provincia di Pavia; anticamente infatti questo comune veniva indicato col nome di locum salis, poi tramutato nel medioevo in Sales, e stava ad indicare la presenza di una fonte da cui sgorga acqua termale salsobromoiodica, che è tuttora viva ed attiva, e che originava delle efflorescenze saline rossastre sul terreno (7). Sebbene tale ipotesi sia alquanto azzardata, risulta veramente singolare il nome Sales con cui era chiamato in antichità Salice Terme, se associata alla Saleze, richiamante Salice Salentino, e riportata in una cartografia del 1589 di Gerardo Mercatore. Ma, qualora il paese fosse stato un luogo termale, si sarebbe almeno riscontrata qualche antica testimonianza documentaria.

Nonostante ciò, lo stesso Quarta pare propenso ad avvalorare l'ipotesi che il paese abbia origini elleniche, senza però stabilire con certezza la formazione del primo nucleo abitativo, attestandolo in modo molto generico al periodo della Magna Grecia oppure alla fase di dominazione bizantina:

 

"[...] Salice, la sua origine non può essere stata che greca. [...] Può risalire in parte ad emigrati greci, i quali occuparono Oria e le sue campagne e distesero ancor prima dei Basiliani il loro dominio per gran parte della Messapia e della Japigia, edificando molte città quali ancora superstiti e quali distrutte e scomparse, e che si eran conservate indipendenti sotto la Repubblica Romana. E può risalire fors'anche agli stessi Greci venuti molto dopo in queste contrade sotto l'impero di Niceforo Foca al decemi secolo. [...]"

 

Andando perciò a tracciare una sorta di genesi, assumono singolare importanza le fonti riguardanti la centuriazione di epoca romana del territorio salentino. La sua funzione, legata all'organizzazione dei vari appezzamenti di terreno, si basava sullo schema adottato per l'edificazione delle urbs e dei castra, seguendo un reticolo ortogonale marcato da reti viarie, canaletti per l'irrigazione e muretti a secco; questi lotti terrieri venivano divisi ed infine destinati ai coloni. Perciò la centuriatio aveva una funzione di demarcazione dei possedimenti terrieri, analoga all'odierno catasto, che, in merito alla specifica situazione salentina, è pervenuta a noi in due riprese tramite il Liber Coloniarum.

Riguardo alla prima redazione, risalente circa all'età augustea, Raffaele Ruta, autore del testo "La Puglia romana: un paesaggio pietrificato", riporta la divisione della Calabria (8) nei seguenti territoria Tarentinum, Lyppiense, Austranum e Varinum. Inoltre l'autore formula un interessante squarcio del territorio in epoca imperiale:

 

"Il quadro che ne esce fuori è che la Puglia, almeno in età flavia (I d.C.), epoca a cui si riferisce il catasto del Liber Coloniarum, aveva la maggior parte del suo territorio divisa ed accatastata, che le campagne erano densamente popolate, soprattutto nel Salento, e che laddove era sviluppato l'allevamento del bestiame esso era regolato e armonizzato con l'agricoltura che costituiva l'attività principale. Questa non si limitava alla produzione di cereali, di legumi e di ortaggi, non era solo una agricoltura di sussistenza, ma si produceva in gran quantità grano, olio e vino nei trappeti annessi alle ville rustiche ed alle fattorie sparse nelle campagne, di cui permangono le rovine, oltre alle tracce conservate in numerosi toponimi."

 

La seconda redazione catastale del Liber Coloniarum, risalente all'età vespasiana, riporta invece un interessante cambiamento, in quanto alle quattro civitates di età augustea vengono aggiunte le seguenti:

 

"Civitates autem hae sunt. Botontinus, Caelinus, Genusinus, Ignatinus, Lyppiensis, Metapontinus, Orianus, Rubustinus, Rodinus, Tarentinus, Varinus, Veretinus, Uritanus, Ydrontinus, ea lege et finione finiuntur qua supra diximus.

A parte è aggiunto il Brundisinus ager di cui è detto: Brondisinus ager pro aestimio ubertatis est divisus: cetera in saltibus sunt assignata, ecc."

 

Queste considerazioni riguardanti la centuriatio, oltre ad illustrare uno squarcio del sistema agrario salentino in età imperiale, possono essere supportate dalla toponomastica locale, che, comparata con quella italiana, e infine affiancata all'onomastica romana, potrebbero offrire ulteriori indizi sulla situazione sociale ed economica del territorio. Alcune indagini di campo, condotte da vari studiosi, mettono in luce una connessione tra la toponomastica di origine prediale con varie località salicesi e limitrofe, che dunque potevano essere state interessate da centuriazione. Nella relazione redatta da Ruta, il quale si affida alle carte topografiche dell'Istituto Geografico Militare, infatti si riscontra:

 

"F. 203 II S.-E. «Guagnano». Sia scendendo da San Donaci, sia proveniendo da est, da Avetrana, in questa tavoletta il reticolo centuriale continua, ed è ben visibile nell'orientamento delle strade e dei viottoli, numerosissimi in quelle zone, che si tagliano ad angolo retto.

È da rilevare la presenza di diverse masserie che sono collocate nei tetrantes o lungo i limites, oltre al fatto che si riscontrano 4 toponimi prediali in -anus: Guagnano-Panzano-Farsano-Magliano, quasi attaccati l'uno all'altro in direzione N.-S. Al centro della tavoletta, tra Masseria Casaute e Masseria Nova, entrambe situate agli angoli di centurie, una grata formata da viottoli paralleli alla distanza di circa m. 225 potrebbero risultare divisioni interne di centurie (strigatio)."

 

Invece il rapporto di Anna Marinelli s'incentra sulla toponomastica prediale riscontrata nelle località salentine. Di seguito è proposta una tabella che riporta in maniera sintetica gli elementi onomastici affiancati da documentazione epigrafica e comparazioni toponomastiche (9):

 

FABIUS

Questo nomenè documentato a Brindisi, ed è stato associato, seppur con incertezza, alla Favana (Veglie).

GUANUS

Nomennoto da probabile ricostruzione di un'iscrizione brindisina, forse da mettersi in rapporto con il toponimo Guagnano.

MALIUS/MALLIUS

Nomendella gensdetta anche Maleia, di origine plebea, spesso confusa con la Maniliae la Manlia. Nel Salento è incerta la sua documentazione. Questo nomen potrebbe essere alla base del toponimo Magliano(frazione di Carmiano), Magliana(contrada tra Salice Salentinoe Veglie) e Monte Maliano (fra Avetranae Manduria, 89 metri s.l.m.). In questi toponimi può concorrere Manlius.

PANSA

Cognomendi origine etrusca attestato nel Salento. È cognomendi un Pettius(nomendiffuso in Puglia ed in Italia centro-meridionale). È riconducibile al toponimo Panzana (contrada tra Salice Salentinoe Guagnano) e Panzanella (contrada nei pressi di Manduria).

 

Dunque, da un confronto fra le relazioni di Ruta e di Marinelli, è interessante riscontrare che alcune località come Guagnano, Panzana e Magliana, fossero citate da entrambi gli autori come località di interesse, almeno per quanto concerne lo studio della toponomastica prediale. Analogamente interessanti risultano invece le restanti zone citate prima dal Ruta e poi dalla Marinelli: dunque la contrada Fàrsano potrebbe derivare dal termine latino farsus, mentre la Favana, sita nell'area settentrionale del feudo vegliese, deriverebbe da Fabius (questo appellativo è affiancato all'interessante cripta di epoca altomedioevale, detta appunto della Favana).

Un'ultima analisi di toponomastica prediale, sebbene debba essere suffragata, è riferita a contrada Fiano, situata in direzione nord-est rispetto a Salice Salentino (10), poiché avrebbe diverse similitudini con molti altri luoghi presenti in Italia. Giovan Battista Pellegrini, autore di una completa raccolta riferita alla toponomastica italiana, riporta (11):

 

"fanum (manca in REW) 'tempio', 'luogo sacro' si perpetua ad esempio in Fano (Marche e Corsica), Fano (Poggio in Garfagnana LU) e in tanti altri nomi analoghi toscani Fano e Fani. Secondo Rohlfs (Gr. St., vol I, 520) da Fanulum, attraverso *flanum, avremmo Fiano (Torino) e Fiano (Roma) (continuatori provenzali in FEW 3, 412). Si noti anche Fanu (Rosarno RC) e Fiano (Pescaglia LU), Fianello (Montebuono RI) Fiano (PR) [meno probabile l'orgine prediale]. Si noti pure Fiano (San Lorenzo in Colpolina, Fiastra MC) e un ant. Fanulo (Fermo AP) che pare avvalorare l'ipotesi citata."

 

Questo toponimo è assai importante qualora avesse un origine prediale: infatti potrebbe suggerire delle ipotesi affascinanti, ma che rimarranno tali almeno fin quando non saranno soggette a studio più approfondito. Se anticamente poteva esistere qualche sacellum, indubbiamente oggi non ne rimane alcuna vestigia o rovina. Eppure, accantonando tale suggestiva supposizione, sia Fiano e sia Pozzonuovo erano terre di passaggio, poiché solcate da un'interessante via istmica.

Infine sarà necessario allargare il raggio d'azione ed inserirsi nel quadro salentino in maniera più organica. Ma questo lo potremo approfondire solo nel prossimo capitolo.

 

NOTE

 

1 P. Coco, Santuario di San Pietro in Bevagna, Taranto, Tipografia Martinelli e Copeta, 1915, pagg. 184-192. Op. cit. in G. De Nisi, Salice Terrae Hidrunti, storia aneddotica dal X al XX secolo, Esse-gi-Esse, Ostia Lido di Roma, 1968, p. 1; e anche in G. L. Quarta, Salice Salentino, dalle origini al trionfo della giovane Italia, Editore Panico, Galatina, 1989, p. 16.

2 Il termine foresta venne introdotto nel Mezzogiorno in epoca normanna, ed indicava quei terreni incolti che prima del XI secolo erano posti a sfruttamento dalle comunità rurali, e che in seguito divennero di riservato dominio. L'inserimento del modello feudale vide l'assegnazione di molte terre incolte a signori, i quali introdussero i forestarii, funzionari e militari abilitati alla vigilanza della foresta, ed un sistema tributario inerente allo sfruttamento della stessa (il legnatico, l'acquatico, il glandatico, la fida, e così via). Cit. A. Campo, Strada principale e strade secondarie, il caso di Carosino presso la Croce, Congedo Editore, Galatina, 2014, p. 135.

3 Šciju, o altrimenti detto šcijgghiu in altre località salentine; è un termine dialettale che tradotto in lingua italiana significa disordine, trambusto, oggetto lasciato fuori posto. Es: Inţra sta casa nc'è ssempre nnu saccu te šciji. Tradotto: In questa casa c'è sempre un gran disordine. Dal sito dialetto salentino.

4 L'attuale stemma di Salice Salentino viene così descritto nello statuto comunale, emanato con delibera n. 22 del 10 luglio 2003: "[...] lo stemma rappresenta un salice piangente impiantato, sul cui tronco si avvolge un serpente che forma la lettera esse, racchiuso in uno scudetto sormontato da una corona gemmata a cinque punte. Lo stesso, circoscritto dalla dicitura COMUNE DI SALICE SALENTINO, è il sigillo del Comune."

5 "Si tramanda infatti che il luogo dove anticamente sorse il casale era circondato da una folta boscaglia e da macchie lussureggianti che si alternavano a vaste praterie. Questo lo si apprende da documenti molto antichi in cui, riferendosi appunto a Salice si parla di una zona "con acque fluenti sulla superficie del suolo, con rivi, fiumi da pesca, canali e gran paludi".

Riguardo alla presenza delle paludi si ha un'ulteriore conferma in alcuni documenti che riportano intorno a Salice i toponimi 'Palude' e 'Palude longa'. Avendo quindi considerato queste antiche fonti documentarie, si è supposto che Salice ebbe questa denominazione in quanto era circondata da una vasta zona boschiva ricca di acqua, nella quale crescevano in grande quantità i salici piangenti, piante, queste, che per svilupparsi rigogliose hanno bisogno di molta umidità. Ma tale supposizione sull'origine del toponimo è del tutto improbabile per il semplice motivo che il salice venne introdotto in Europa, dall'Asia Minore, soltanto verso la fine del XVII secolo: perciò quando al casale venne assegnato il nome non si aveva ancora alcuna conoscenza di questo albero, che dunque sembra estraneo alle sorti del paese".

6 M. Cosmai, Antichi toponimi di Puglia e di Basilicata, Levante Editore, Bari, 1991. Op. Cit. in Wikipedia, cfr. Salento (in toponimo).

7 Wikipedia, cfr. Salice Terme.

8 Raffaele Ruta sostiene che per tutti gli scrittori dell'età augustea, compreso Plinio il Vecchio, dividevano in senso amministrativo la Regio II Apulia et Calabria: la Calabria comprendeva quella zona tra Leuca e l'Ofanto, mentre l'Apulia si estendeva dal fiume pugliese verso il Molise e l'Irpinia. Cit. R. Ruta, La Puglia romana: un paesaggio pietrificato, in AA. VV., Archivio Storico Pugliese, XXXIV, Grafica Bigiemme, Bari, 1981.

9 Cfr. A. Marinelli, Contributo alla storia della romanizzazione del Salento, in AA. VV., Ricerche e Studi VIII, Brindisi, 1975.

10 La contrada, posta a ridosso del paese, per il Quarta, poteva essere stata anticamente abitata: "Quali resti forse di essi in sul confine settentrionale di quella foresta e a diciannove chilometri ad occidente in linea retta dalle sepolte e scomparse Rudia (sita nell'agro e nei dintorni di San Pietro in Lama) e Lycien (la Lecce di oggi) verso Tarentum, sorgeano or quà or là pochi e dispersi casolari nella contrada campestre Fiano, sita poco dietro l'attuale cimitero verso levante o più in qua in via del Crocifisso, ormai scomparsa insieme ad una vecchia cappella di ugual nome e che confinava da oriente il giardino del castello, certo in via San Giovanni, ora Vittorio Emanuele, in via Mancini, ora villa De Castris, e via Passanti, in via Pozzo Nuovo e la scomparsa via Muline." Cfr. G. L. Quarta, cit., p. 5.

11 Le abbr. poste: FEW = vedi W. von Wartburg; REW = vedi Meyer-Lübke. Cit. G. B. Pellegrini, Toponomastica italiana: 10000 nomi di città, paesi, frazioni, regioni, contrade, fiumi, monti spiegati nella loro origine e storia, Ulrico Hoepli Editore, Milano, 1990, p. 157.

 

BIBLIOGRAFIA

 

Angelo Campo, Strada principale e strade secondarie, il caso di Carosino presso la Croce, Congedo Editore, Galatina, 2014;

Primaldo Coco, Santuario di San Pietro in Bevagna, Taranto, Tipografia Martinelli e Copeta, 1915;

Mario Cosmai, Antichi toponimi di Puglia e di Basilicata, Levante Editore, Bari, 1991;

Cosimo De Giorgi, Conversazioni igieniche: le nostre paludi I, "Il Cittadino Leccese", a. IX, n. 15-16-17, Lecce, novembre-dicembre 1869;

Giovanni De Nisi, Salice Terrae Hidrunti, storia aneddotica dal X al XX secolo, Esse-gi-Esse, Ostia Lido di Roma, 1968;

Anna Marinelli, Contributo alla storia della romanizzazione del Salento, in AA. VV., Ricerche e Studi VIII, Brindisi, 1975;

Giovan Battista Pellegrini, Toponomastica italiana: 10000 nomi di città, paesi, frazioni, regioni, contrade, fiumi, monti spiegati nella loro origine e storia, Ulrico Hoepli Editore, Milano, 1990

Raffaele Ruta, La Puglia romana: un paesaggio pietrificato, in AA. VV., Archivio Storico Pugliese, XXXIV, Grafica Bigiemme, Bari, 1981;

Giuseppe Leopoldo Quarta, Salice Salentino, dalle origini al trionfo della giovane Italia, Editore Panico, Galatina, 1989

 

 

a cura di Giovanni Greco

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